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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Sgominata la gang degli strozzini, giro d’affari da oltre 1,6 milioni: tra le vittime anche imprenditori ternani

Polizia e guardia di finanza scoprono un giro d’usura fra Terni e Roma: minacce, intimidazioni e interessi anche oltre il 60%, cinque persone in manette

L’operazione si chiama “Hirudo”. Sanguisughe. Perché le cinque persone finite in manette nell’ambito dell’indagine coordinata dalla procura della Repubblica di Terni e portata avanti in maniera congiunta da polizia di Stato e guardia di finanza, altro non erano che sanguisughe.

Strozzini che “spremevano” le loro vittime fino all’ultima goccia di sangue per un giro d’affari che – hanno ricostruito gli investigatori – si aggira attorno a 1,6 milioni di euro: “Un vorticoso flusso di denaro – è detto in una nota diffusa dopo l’esecuzione delle cinque misure cautelari - che non ha trovato alcuna ragionevole giustificazione se rapportato ai profili economico-reddituali degli indagati”.

Tre degli arrestati, tra i quali figura una donna 65enne, sono residenti a Terni, mentre gli altri due, fratelli di 55 e 56 anni, sono residenti a Roma. Di questi, due sono stati tradotti in carcere, rispettivamente tra Roma e Terni, mentre i rimanenti sono stati posti agli arresti domiciliari. È stato inoltre eseguito un decreto di sequestro preventivo per circa 600mila euro su beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati.

L’indagine ha preso le mosse da un altro procedimento penale al termine del quale il 10 febbraio 2020 la squadra mobile aveva arrestato, per usura e detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, un 49enne di origine romana ma residente a Terni, ed il successivo 12 febbraio, sempre per il reato di usura, anche un 31enne ternano. Entrambi figurano tra i destinatari delle misure cautelari eseguite nella mattinata di oggi, con il 49enne indagato anche per spaccio di stupefacenti.

Attività tecniche, racconto di testimoni e ricostruzione delle posizioni economiche e patrimoniali degli indagati hanno poi permesso di ricostruire un dettagliato quadro indiziario a comprova dell’attività usuraria messa in atto dalla banda tra la provincia di Terni e la Capitale.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il meccanismo di usura, anche attraverso il ricorso a minacce ed intimidazioni, imponeva il pagamento settimanale-mensile di una quota di interessi fissa oscillante tra il 10 ed il 20 % del capitale prestato sino a quando le vittime non avessero restituito, in un’unica soluzione, anche l’intero ammontare del prestito elargito. Con il rischio, quindi, di non porre mai fine al soffocante rapporto di soggezione con i “cravattari”.

Le indagini hanno consentito di accertare che tra versamenti in contanti, ricariche di carte prepagate, bonifici e versamenti di assegni bancari, le vittime - tra le quali figurano anche imprenditori locali - hanno visto “lievitare” il prestito iniziale di diverse decine di migliaia di euro con l’applicazione di interessi usurari calcolati in oltre il 60% del capitale.

Ulteriori dettagli dell’operazione saranno illustrati nel corso di una conferenza stampa in programma questo pomeriggio presso la questura di Terni.

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