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Cronaca

Giornale dell’Umbria, in cinque finiscono davanti al giudice per bancarotta fraudolenta

Chiuse le indagini sulla compravendita e gestione del quotidiano che ha cessato le pubblicazioni nel gennaio del 2016. Soldi “distratti”, consulenze fasulle e spese non giustificate: ecco le accuse e gli indagati

La procura di Perugia ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio per bancarotta fraudolenta di cinque persone in merito all’acquisto, alla gestione e alla chiusura de Il Giornale dell’Umbria, quotidiano regionale che ha cessato le pubblicazioni nel gennaio del 2016.

I cinque indagati sono Luigi Camilloni, già direttore del quotidiano, Luigi Giacumbo, consigliere d’amministrazione di Geu1819, Mirko Mancuso presidente di una società utilizzata per far girare i soldi, Giuseppe Incarnato, presidente e proprietario della testata, Francesco Marrocco, avvocato romano legato ad Incarnato.

Gli imputati sono accusati, in concorso, di bancarotta fraudolenta per aver distratto “il patrimonio della società fallita arrecando pregiudizio ai creditori” attraverso una serie di decreti ingiuntivi nei confronti di Umbria Tv e di CentroItalia pubblicità e di altri soci o parti interessate, per una somma di 899.610 euro che “generavano sopravvenienze attive per le quali il curatore riscontrava la pressoché totale infondatezza”.

Secondo la procura, la posizione di Umbria Tv e di CentroItalia pubblicità veniva chiusa con una transazione, mentre le altre somme erano iscritte “nel patto parasociale” stipulato all’atto dell’acquisto della società che editava il quotidiano e che “prevedeva, in caso di flussi finanziari peggiorativi rispetto a quelli previsti, un anticipo da parte dei soci del corrispettivo dei contratti di pubblicità stipulati tra questi e la società fallita”.

Contestazioni molto simili venivano fatte anche alla società Infopress che forniva il servizio esterno a copertura dello sport regionale e della tipografia dove si stampava il giornale, attraverso generiche richieste “non documentate” da parte del liquidatore, cioè l’indagato Camilloni, risultate totalmente infondate.

Lo stesso Camilloni promuoveva un giudizio contro la Regione Umbra per un danno di 3 milioni di euro per una presunta diffamazione a seguito di un comunicato con il quale si stigmatizzava il comportamento al tavolo sindacale per la concessione della cassa integrazione al personale del quotidiano. Cassa negata dalla proprietà e non corrisposta ai dipendenti.

Azioni legali che, secondo la procura, sarebbero servite “a giustificare un drenaggio di liquidità, attuato ricorrendo all’artifizio del pagamento degli onorari all’avvocato Marrocco” per un ammontare di 156mila euro, pagati con tre bonifici.

Gli indagati sono accusati di aver trasferito e impiegato il denaro sottratto alla Geu1819 “in attività economiche il denaro proveniente dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.

Per la procura perugina avrebbero commissionato una consulenza fiscale ad un centro di cosmetica, di cui Incarnato era amministratore delegato. Consulenza “palesemente copiata dalla perizia di valutazione del danno subito” da un’altra società, estranea ai fatti, per danno da concorrenza sleale di dieci anni prima. Altri soldi sarebbero stati usati per un servizio di web marketing “teso a monitorare e promuovere l’immagine dello stesso avvocato (Marrocco, ndr) in quanto oggetto di denuncia nel 2016”. Ma anche per acquisire azioni di società di cui era proprietario sempre Incarnato.

Nella ricostruzione della procura sui soldi spariti dalla società Geu1819 c’è anche il capitolo rimborsi distratti da Luigi Giacumbo “tra il 30 settembre 2015 e il 31 dicembre 2015”, segnati come “rimborsi pese cda, non preventivamente autorizzati dall’assemblea dei soci” per 23mila euro, cui si aggiungono le spese sostenute con una carta di credito, ma “che risultavano essere per lo più estranee alla carica conferitagli”.

I cinque dovranno comparire davanti al giudice per l’udienza preliminare Valerio d’Andria il 5 marzo prossimo. Risultano parti offese il curatore fallimentare del Gruppo editoriale Umbria 1819 e diversi giornalisti del Giornale dell’Umbria.

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