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Fabbrica d’armi, allarme rosso: mancano trecento dipendenti, appello al Governo

Pensionamenti e blocco del turn over per il Pmal di Terni, i sindacati: “Dei 384 dipendenti civili previsti, a fine 2023 si arriverà a sole 70 unità, serve un immediato piano straordinario delle assunzioni”

Sindacati in trincea per la situazione del Polo di mantenimento armi leggere di Terni. A fronte di una pianta organica che prevede la presenza di 384 dipendenti civili, ad oggi la Fabbrica d’armi conta “meno di 230 unità” di personale. Quota che “scenderà vorticosamente nei prossimi due anni” per una caduta che può essere arrestata soltanto avviando un “immediato piano straordinario delle assunzioni”.

A suonare l’allarme sono le rsu aziendali e le sigle sindacali di categoria (Cgil, Cisl e Uil) che all’indomani della visita del sottosegretario di Stato alla difesa, la senatrice Stefania Pucciarelli, mettono nero su bianco le criticità del Pmal Terni in una lettera indirizzata alla parlamentare, oltre che al sindaco Leonardo Latini.

Prima i numeri: “A causa dell’elevata anzianità anagrafica media del personale” scrivono i sindacati, “per effetto dei pensionamenti” il personale arriverà alla fine del 2022 a 155 unità, “senza contare l’impatto della riforma della legge Fornero e a sole 70 alla fine del 2023, causando una disastrosa dispersione dell’elevato know-how acquisito, soprattutto dal personale tecnico, ma che avrà gravi conseguenze anche nel settore amministrativo e nei quadri direttivi civili, già impoveriti e sovraccaricati dalla carenza e dal continuo avvicendamento dei giovani ufficiali ingegneri”.

Da qui l’appello alla “realizzazione di un immediato piano straordinario di assunzioni di personale civile, soprattutto dell’area tecnico-industriale, accompagnato da adeguate coperture nella legge di bilancio 2021, che attui immediatamente la copertura delle carenze ufficializzate dalla direzione generale del personale civile nel recente documento relativo al fabbisogno triennale, e che preveda per il Pmal almeno 300 nuove immissioni di personale tecnico e amministrativo”. Senza questa robusta iniezione di personale, “non sarà più possibile scongiurare il ridimensionamento se non la stessa chiusura di questo insediamento logistico”.

Le organizzazioni sindacali, a fronte di questa impellente necessità, rilevano inoltre la mancanza di “ogni tipo di programmazione o processo di avvio della scuola di formazione, a livello nazionale, presso il polo di Terni, indispensabile al fine di trasferire, con il contributo dei suoi dipendenti civili (quei pochi ancora in servizio) conoscenze ed esperienze a favore dell’area tecnico-industriale della difesa e favorire, in una prima fase, percorsi alternativi di reclutamento, anche a tempo determinato e/o mediante contratti formazione lavoro, alternanza scuola lavoro”.

“Ad oggi non vi è garanzia di previsione nei bilanci del suo dicastero – dicono al sottosegretario Pucciarelli - di adeguate risorse per la spesa corrente in grado di assicurare almeno il funzionamento e l’ordinaria manutenzione dell’ente, dei suoi impianti e delle sue attrezzature, in modo da consentirgli di assolvere alla propria mission e non rendere la parola strategico priva di ogni significato”.

La lettera contiene infine la proposta di “inserire l’ente ternano in un contesto organizzativo e di servizio interforze, vista la platea di utenti che già vi fanno riferimento e le sue enormi potenzialità in termini di offerta tecnica, sia verso altre forze armate e corpi armati dello Stato, sia verso i poli universitari o il mercato privato e prevedere un vice direttore civile in grado di assicurare una maggiore continuità di indirizzi e di policy industriale”.

Il sasso nello stagno è stato dunque – di nuovo lanciato. Ma i sindacati avvertono: non c’è più tempo per “vane promesse”. “Sosterremo con forza e con tutti gli strumenti a disposizione queste e le altre rivendicazioni utili alla salvaguardia e alla sopravvivenza del Polo di mantenimento delle armi leggere di Terni”.

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