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Economia

“È il periodo più difficile dal secondo dopoguerra, una situazione sconosciuta da tutti: solo insieme ce la possiamo fare”

L’intervento del presidente Mauro Franceschini all’assemblea annuale di Confartigianato Terni: “Continuiamo a vedere il centro cittadino in una prospettiva di degrado preoccupante, ecco le nostre proposte”

Pubblichiamo l’intervento di Mauro Franceschini, presidente di Confartigianato Terni, pronunciato durante l’assemblea annuale dell’associazione che si è tenuta nei giorni scorsi.

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Un’assemblea, quella di novembre, che rappresenta un momento importante della vita della nostra associazione, un momento di confronto che coinvolge tutti gli associati per analizzare quanto accaduto nell’anno che sta per terminare e programmare le azioni future.

L’appuntamento di oggi cade poi esattamente 4 anni dopo la mia elezione: siamo dunque alla fine del mandato... Le misure restrittive per il Covid, le stesse che ci costringono a questa riunione virtuale, stanno ritardando anche il processo dei rinnovi, ma a breve avremo la nostra assemblea elettiva. Proprio per questo motivo ritengo importante fare un bilancio sul mio programma di mandato e sono quindi andato a rileggere la mia relazione di insediamento del 2016: mi ha sorpreso vedere che sembra scritta 20 anni fa!

Gli ultimi 10 mesi hanno profondamente cambiato il nostro modo di vivere, di relazionarci con le persone, di lavorare e persino di comunicare, accelerando il processo di digitalizzazione che prima auspicavamo e che ora è realtà.

Ma se il contesto cambia, allora le persone, le famiglie e le imprese, in una evoluzione di darwiniana memoria, si devono adeguare per non essere tagliate fuori dal nuovo mondo che si sta delineando.

In primavera, quando tutti eravamo chiusi in casa, ragionavamo su come sarebbero cambiate le nostre abitudini dopo un’esperienza così surreale e stravolgente come quella del lockdown, ma poi siamo tornati alla normalità e, complice forse anche la bella stagione, abbiamo apparentemente ripreso la vita come nulla fosse accaduto.

Questo però solo in apparenza, perché un’esperienza così forte come la privazione della libertà, anche se solo per un periodo di tempo ridotto, non può che lasciare una traccia, un solco indelebile dentro di noi e, anche magari inconsapevolmente, condizionare i nostri comportamenti futuri, le nostre scelte, le nostre speranze.

A consolidare questo status è poi arrivata la seconda ondata, che ci ha resi consapevoli che eravamo tutt’altro che fuori dall’emergenza e che dovevamo imparare a convivere con il virus e adeguarci quindi a questo nuovo scenario.

Ed è proprio la consapevolezza che stiamo raggiungendo in questa seconda fase la principale responsabile del nostro cambiamento; la modifica delle nostre abitudini, anche le più consolidate, ci porterà a riconsiderare le nostre priorità, modificherà la nostra capacità di spesa e ci toglierà quelle futili certezze che tanto ci piacevano e ci rassicuravano.

In questo nuovo scenario, a mio avviso, solo chi è cresciuto dando importanza ai valori fondanti della nostra società saprà restare lucido, consapevole che nessuno di quei valori potrà mai essere messo in discussione e, quindi, dovremo solo trovare un nuovo equilibrio.

Su questa ritrovata scala dei valori, la piccola impresa che Confartigianato rappresenta, sia essa artigianale, commerciale o di altro genere, ha un ruolo determinante, perché fondata sul rapporto umano prima che sul profitto, sulla qualità e personalizzazione dei prodotti/servizi prima che sugli sterili numeri di un bilancio. E perché, in fondo, animata da quella smisurata passione che vive con l’imprenditore in ogni attimo della sua vita: in Confartigianato ci piace chiamarla “impresa a valore artigiano”.

Questa impresa ha tutti i numeri per essere più resiliente delle altre. Può, nella sua flessibilità, adattarsi meglio al nuovo contesto, ma deve necessariamente accelerare un processo di innovazione ritenuto da anni importante, ma ora più che mai fondamentale.

Mi riferisco all’innovazione tecnologica non solo nei processi di produzione, ma anche e soprattutto in quelli gestionali. Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato le abitudini dei nostri clienti e, nel nostro ruolo di fornitori, non basta essere pronti alla risposta, dobbiamo diventare propositivi, dobbiamo aggredire il mercato con nuovi strumenti e competere anche contro quei colossi che spesso ci fanno paura.

Dalla nostra abbiamo la capacità di plasmare i prodotti ed i servizi come nessun altro sa fare, portando così il cliente a vivere un’esperienza positiva, prima che un semplice acquisto. Ed a questo abbiamo unito la capacità di “mettersi in rete”, creando una sinergia tra imprese con competenze diverse tra loro, ma che si integrano e si completano, con l’unico scopo di aggredire nuovi mercati, anche internazionali. Perché anche l’internazionalizzazione delle piccole imprese rappresenta, oggi più che mai, un driver di sviluppo strategico.

Ma la buona volontà e la passione di un imprenditore non bastano a superare questo difficile momento. Questo momento di crisi, parola che sentiamo e ripetiamo troppo spesso dal 2008 ad oggi. Ma forse oggi più che mai ci rendiamo conto del vero significato di questo termine: cambiamento. Si, perché il Covid ha accelerato un processo irreversibile di cambiamento che era già iniziato e che non impatta solo sui mercati, sulle imprese, sui negozi... questo cambiamento coinvolge l’intero e complesso sistema delle relazioni, sia economiche che sociali che umane.

E quindi per superare questa crisi, ognuno di noi, nel proprio ruolo e con senso di responsabilità, deve fare la propria parte. Quel senso di responsabilità che impone a noi cittadini il banale ma fondamentale uso della mascherina ed il rispetto delle norme anti-Covid, quello stesso senso di responsabilità che vorremmo trovare nelle Istituzioni, nelle Amministrazioni locali e regionali e in tutta la classe politica e dirigente di questo Paese che deve creare le condizioni per permetterci di superare questo periodo buio.

È indubbiamente il periodo più difficile dal secondo dopoguerra: un combinato disposto di crisi sanitaria che si genera in un momento di crisi economica particolarmente acuta e che origina, a sua volta, forti ripercussioni negative proprio sulla salute delle persone e sull’economia. Una sorta di effetto loop negativo che si autoalimenta e sembra destinato a crescere all’infinito.

Proprio la straordinarietà di questa condizione impone misure altrettanto straordinarie per uscirne. Bisogna affrontare e risolvere definitivamente il tema del lavoro irregolare, che Confartigianato ha affrontato più volte perché ci sta particolarmente a cuore e che non è solo evasione fiscale. Gli “irregolari” non sono solo le imprese o i professionisti che non pagano le tasse, ma anche quelli che applicano contratti di lavoro irregolari.

Ci sono le imprese multiservizi che si occupano di ristrutturazioni edili causando concorrenza sleale. Ci sono imprese di trasporto che utilizzano “padroncini” stranieri non obbligati a rispettare il nostro stesso codice della strada e ci sono anche i lavoratori che offrono le loro prestazioni dopo il regolare orario di lavoro. Ma ci sono anche le multinazionali che producono reddito in Italia e pagano le tasse in Paesi con minore pressione fiscale anche all’interno della nostra stessa Unione europea.

Tutto questo crea un sistema di concorrenza sleale e dumping contrattuale che non possiamo più accettare. In un momento così delicato nel Paese, non combattere questi fenomeni mette a rischio la tenuta sociale del sistema oltre che la sopravvivenza delle imprese.

La politica deve poi affrontare definitivamente il tema della sburocratizzazione e velocizzare il processo di gestione amministrativa. Deve concentrarsi sugli investimenti tagliando il più possibile la spesa. In un momento in cui avremo una dotazione di risorse mai riscontrata prima, ci dobbiamo assicurare che queste siano concentrate ed utilizzate per gli investimenti che contribuiranno alla crescita del Paese.

Le infrastrutture sono un tema fondamentale: senza di esse il territorio non può crescere. Ma ancora oggi si discute del collegamento tra Civitavecchia e Civitanova nel tratto umbro della Terni-Spoleto, si discute della ferrovia Orte-Falconara, del collegamento ferroviario inesistente tra Terni e Perugia e della connessione dell’Umbria con l’alta velocità Roma-Milano. Siamo terribilmente in ritardo, dobbiamo trasformare le discussioni in fatti, dobbiamo completare le infrastrutture materiali incompiute. E dobbiamo anche realizzare le infrastrutture immateriali per collegare con la banda larga ogni angolo del nostro territorio, altrimenti rischiamo di relegare l’Umbria in un pericoloso isolamento.

Sempre sul tema delle infrastrutture, un esempio locale che tutti conosciamo e che fotografa perfettamente la situazione è la piastra logistica Terni-Narni: soldi pubblici investiti in un’opera inutilizzata da anni, che nel suo degrado rischia di deteriorarsi a breve. Più volte abbiamo presentato la nostra idea alle varie Amministrazioni locali che si sono succedute: un progetto di utilizzo di quella struttura, più adatta al piccolo cabotaggio piuttosto che alla grande distribuzione di merci, vista la sua dimensione ed il suo dislocamento, ma siamo rimasti inascoltati e la piastra logistica è ancora lì, piena di erbacce!

Ora ci viene in mente che potrebbe risultare strategica se utilizzata per la distribuzione, nel centro Italia, del vaccino anti-Covid, proposta condivisa anche da alcune forze politiche, ma bisogna adeguarla alle esigenze tecniche e per questo ci vorrà tempo. Il mio timore è che, ancora una volta, si utilizzerà il tempo per discutere su cosa e come fare invece di fare, sprecando così un’ulteriore opportunità.

Sempre parlando di proposte, il documento che presentammo al Sindaco in campagna elettorale e che abbiamo recentemente aggiornato in seguito alla crisi Covid, per sottoporlo alla terza commissione consiliare in occasione della nostra audizione sul rilancio del commercio a Terni, ne contiene ben 70, quasi tutte subito cantierabili a costo zero per il Comune… Ma ancora oggi, la maggior parte di queste, non è stata presa nemmeno in considerazione. Che siano state da cestinare? Può essere, ma non abbiamo visto misure diverse per la soluzione degli stessi problemi. Abbiamo visto invece e continuiamo a vedere un centro cittadino che perde vere e proprie pietre miliari della propria economia, che vede chiudere negozi e locali storici della città, in una prospettiva di degrado preoccupante. In questo contesto, come possiamo pensare di rendere attrattivo questo territorio sul fronte turistico?

Anche il nostro progetto di un digital innovation hub di seconda generazione, da realizzare insieme con i principali stackholders del territorio, che mette insieme le imprese innovative con quelle che si devono innovare e con gli studenti, in un ambiente di “contaminazione digitale” che favorisca sia il processo di crescita anche culturale delle imprese, che la migliore conoscenza del mondo dell’impresa da parte degli studenti, è ancora in sospeso, in attesa che l’attuale Amministrazione decida di condividerlo.

Tutto questo, inserito in uno scenario congiunturale decisamente preoccupante, come ci ha ben rappresentato prima Enrico Quintavalle, ci fa sentire schiacciati tra la rapidissima evoluzione del mondo che ci circonda, con le imprese che hanno disperato bisogno di agire per restare sul mercato, ed una politica che, immobile, non decide perché non sa cosa decidere e non ha una visione di medio-lungo periodo.

Sul fronte degli aiuti immediati alle imprese colpite dalle misure anti-Covid, speriamo che, dopo i vari decreti Ristori, il Parlamento vorrà tener conto degli emendamenti presentati da Confartigianato, che intendono superare i limiti della classificazione Ateco, per una considerazione più ad ampio raggio, basata sulla reale diminuzione dei ricavi, visto che non solo le imprese interessate dai Dpcm stanno subendo danni economici, ma anche quelle collegate nella stessa filiera.

Così come riteniamo strategico il ruolo del credito nel sostenere le imprese che in questo momento si trovano in difficoltà finanziaria: le Banche rivestono un ruolo fondamentale negli investimenti delle aziende, ed ora sono chiamate anche ad intervenire per evitare che alcune di esse siano destinate a chiudere.

Ma le banche non sono gli unici attori, nel complesso sistema del credito, in grado di sostenere finanziariamente un’impresa; anche i consorzi fidi e la finanziaria regionale Gepafin giocano un ruolo fondamentale nel mettere in campo risorse e strumenti di garanzia che, grazie al così detto effetto “leva finanziaria” aumentano in modo esponenziale la loro efficacia.

In conclusione mi sento di lanciare dunque un appello a tutta l’attuale classe dirigente: stiamo affrontando una situazione sconosciuta per tutti, nella quale nessuno ha certezze; solo con l’ascolto, la concertazione e la condivisione di obbiettivi comuni possiamo uscirne. Auspico che ognuno di noi, nel proprio ruolo e con il pieno senso di responsabilità a cui accennavo prima, possa mettere in campo il proprio impegno, al netto di certezze precostituite che in realtà non esistono, per sostenere e traghettare le imprese verso un futuro migliore. Tutti insieme ce la possiamo fare, con quello stesso spirito di squadra che anima da sempre la nostra Confartigianato.   

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