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Esuberi e cassa integrazione, la vertenza Ast non è solo ambiente

Cento lavoratori rischiano il posto, l’azienda ha chiesto anche ammortizzatori sociali per altri 700. Affondo dell’Usb: dal sindaco risposte inadeguate ed evasive, è ora che su Terni si accenda l’interesse della politica

Vertenza Ast. Non solo ambiente, ma anche personale, investimenti e sviluppo. È un quadro allarmante quello dipinto dalla federazione Usb lavoro privato di Terni dopo il summit che venerdì scorso ha riunito attorno al tavolo i sindacati di categoria e il sindaco di Terni, Leonardo Latini, ed ha messo sul tappeto il presente ed il futuro della fabbrica di viale Brin.

Così Palazzo Spada

“Si è trattato di un incontro utile e importante – questa la nota diffusa dal Comune subito dopo il vertice -  al quale pensiamo che ne debbano far seguito altri, da organizzare periodicamente, perché come Comune e in rappresentanza della comunità cittadina non possiamo che sentirci vicini alle sorti del nostro principale sito industriale e ai rappresentanti dei lavoratori con i quali abbiamo registrato una sostanziale sintonia, pur nella distinzione dei ruoli, nell’impegno a difendere la strategicità del sito ternano e i suoi livelli di occupazione”.

La posizione dell’Usb

“In maniera unitaria – spiega l’Usb - tutte le sigle sindacali hanno denunciato un quadro preoccupante, evidenziando come, alle roboanti dichiarazioni aziendali, facciano seguito ogni giorno comportamenti repressivi nei confronti dei lavoratori. Come Usb abbiamo quindi chiesto al sindaco di prendere una posizione netta e chiara, in difesa del sito siderurgico, unico produttore nazionale di acciaio inox, facendo pressione sul Governo, visto il quadro politico definitosi dopo le ultime elezioni politiche ed amministrative; gli abbiamo anche chiesto di svolgere fino in fondo il ruolo di massima autorità locale, per quanto riguarda la sicurezza e la salute dei cittadini, minacciate dal deterioramento ambientale. La replica del primo cittadino alle nostre sollecitazioni – denuncia però il sindacato - è stata inadeguata ed evasiva, si è trincerato dietro le leggi europee, nella logica dell’autoregolamentazione dei mercati, in perfetta continuità con i governi precedenti, che non hanno difeso gli interessi e la salute dei lavoratori e dei cittadini ternani. È ora che su Terni, come accaduto per Taranto, si accenda l’interesse della politica”.

Le questioni aperte

Le “ferite” sono due: quella industriale e quella ambientale, “soprattutto dopo il ritrovamento di quantitativi altissimi di metalli pesanti nei campionamenti effettuati da Arpa Umbria nelle falde che si trovano all'interno dello stabilimento”.
Il sindacato denuncia quindi la “paradossale situazione” per la quale “a fronte di un bilancio che si è chiuso a settembre con un utile di 98 milioni, l’azienda ha proposto un piano di ristrutturazione che prevede 100 esuberi, un ridimensionamento della produzione di fuso che a budget, per la prima volta, scende sotto il milione di tonnellate. A rendere ancora più imbarazzante la situazione – prosegue Usb - è la richiesta, da parte aziendale, dell’apertura di cassa integrazione per fronteggiare le difficoltà di mercato per 700 unità, per gli ultimi tre mesi del 2018 ed i primi tre mesi del 2019. Oltre al taglio di 100 posti di lavoro, l’azienda vorrebbe introdurre un modello organizzativo ancora più flessibile, con lo scopo di aumentare la produttività, e di conseguenza la redditività, senza nessun investimento impiantistico, con la evidente conseguenza di accrescere il rischio per la salute dei lavoratori, aumentando il profitto sulle spalle dei lavoratori”.

“Ast investa sul territorio”

La richiesta è invece di tutt’altra natura, ossia che la multinazionale reinvesta “sul territorio una parte consistente i quell’utile, per fronteggiare la questione ambientale”, puntando su “tecnologie avanzate, per la captazione di tutte le polveri prodotte nella lavorazione a caldo, fusione ed affinazione dell'acciaio. La scommessa – rilancia il sindacato - è quella di creare le condizioni per un sito siderurgico virtuoso, che minimizzi i fattori inquinanti e renda gli impianti di Terni efficienti anche dal punto di vista ambientale, come altri in Europa e nel mondo: se si sono ottenuti utili per 3 anni consecutivi è grazie ai lavoratori, quegli stessi che dal 2014 hanno invece pagato lo scotto più importante”. 

  

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