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Martedì, 26 Settembre 2023
Economia

Addio botteghe, a Terni hanno chiuso più di due a settimana: “Così la città è più sporca e insicura”

Falegnami, riparatori, calzolai: quasi 1.400 imprese artigiane hanno abbassato le serrande negli ultimi dieci anni. L’analisi dell’ufficio studi della Cgia

“Girando per le nostre città e i paesi di provincia sono ormai in via di estinzione tantissime attività artigianali. Insomma, non solo diminuisce il numero degli artigiani, ma anche il paesaggio urbano sta cambiando volto. Sono ormai ridotte al lumicino le botteghe artigiane che ospitano calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e Tv, sarti, tappezzieri. Attività che hanno contraddistinto la storia di molti quartieri, piazze e vie delle nostre città, diventando dei punti di riferimento che davano una identità ai luoghi in cui operavano”.

È questo uno dei passaggi dell’analisi condotta dall’ufficio studi dell’Associazione di artigiani e piccole imprese Cgia di Mestre che, elaborando i dati Inps, ha tracciato un quadro sulla evoluzione del settore dell’artigianato in Italia negli ultimi dieci anni (2012-2022).

La fotografia scattata da Cgia dice che, a livello nazionale, “il numero degli artigiani presenti in Italia dal 2012 è sceso di quasi 325mila unità (-17,4 per cento) e in questi ultimi 10 anni solo nel 2021 la platea complessiva è aumentata, seppur di poco, rispetto all’anno precedente”.

Nello stesso periodo di tempo, a Terni hanno chiuso i battenti 1.381 imprese artigiane: erano 7.389 nel 2012, sono diventate 6.008 nel 2022 (18,7%). Significa che, mediamente, ogni settimana dal 2012 al 2022 più di due botteghe hanno definitivamente abbassato le serrande. A Perugia nel 2012risultavano 24.891 imprese artigiane, scese a 19.732 dieci anni dopo (-5.155 pari a una flessione del 20,7%).

Allargando lo sguardo al resto del Paese, emerge come la situazione ternana e umbra non sia un’eccezione, ma la regola. Nel decennio preso in considerazione, Vercelli e Teramo sono state le province che, entrambe con il -27,2 per cento, hanno registrato la variazione negativa più elevata d’Italia. Seguono Lucca con il -27, Rovigo con il -26,3 e Massa-Carrara con il -25,3 per cento. Le realtà che, invece, hanno subito le flessioni più contenute sono state Trieste con il -3,2, Napoli con il -2,7 e, infine, Bolzano con il -2,3 per cento. In termini assoluti le province che hanno registrato le “perdite” più importanti sono state Bergamo con -8.441, Brescia con -8.735, Verona con -8.891, Roma con -8.988, Milano con -15.991 e, in particolar modo, Torino con -18.075 artigiani. Per quanto riguarda le regioni, infine, le flessioni più marcate in termini percentuali hanno interessato il Piemonte con il -21,4, le Marche con il -21,6 e l’Abruzzo con il -24,3 per cento. In valore assoluto, invece, le perdite di più significative hanno interessato l’Emilia Romagna (-37.172), il Veneto (-37.507), il Piemonte (-38.150) e, soprattutto, la Lombardia (-60.412 unità).

“Basta osservare con attenzione i quartieri di periferia e i centri storici – rileva ancora la Cgia - per accorgersi che sono tantissime le insegne che sono state rimosse e altrettante sono le vetrine non più allestite, perennemente sporche e con le saracinesche abbassate. Sono un segnale inequivocabile del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane. Le città, infatti, non sono costituite solo da piazze, monumenti, palazzi e nastri d’asfalto, ma, anche, da luoghi dove le persone si incontrano anche per fare solo due chiacchiere. Queste micro attività conservano l’identità di una comunità e sono uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio. Insomma, con meno botteghe e negozi di vicinato, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani. Una platea sempre più numerosa della popolazione italiana che conta più di 10 milioni di over 70. Non disponendo spesso dell’auto e senza botteghe sotto casa, per molti di loro fare la spesa è diventato un grosso problema”.

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