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Terni-Mosca, un business da dieci milioni: ecco chi fa affari con i russi

Non solo acciaio, anche maglieria, mobili e prodotti agroalimentari. Un milione di euro di scambi tra la città e l’Ucraina. Ma la guerra può far saltare i conti delle imprese del territorio

Dal 2013 al 2021, l’export manifatturiero da Terni verso l’Ucraina è cresciuto del 267%. Certo, i numeri non sono da capogiro, ma su un giro d’affari complessivo tra la città dell’acciaio e Kiev appena sotto il milione di euro (981202 euro, per la precisione) il manifatturiero rappresenta comunque 769mila e rotti euro. Quella di Terni è così fra le prime 8 province italiane con maggiore incremento di export manifatturiero in Ucraina negli ultimi otto anni. Una terra da conquistare, insomma. Che ora la guerra potrebbe trasformare in deserto.

I dati sono stati elaborati dal centro studi di Confartigianato nazionale attraverso un dossier su “I riflessi sul made in Italy e gli intrecci con la crisi energetica” che derivano dall’invasione Ucraina da parte della Russia.

La bilancia commerciale nazionale dice che nel 2021 l’Italia ha avuto un interscambio con la Russia di quasi 7,7 miliardi di euro di esportazioni e di poco meno di 13,4 miliardi di importazioni, “di cui il 55,3% è costituito da petrolio greggio e gas naturale per acquisti che ammontano a 7.726 milioni di euro”. L’Italia è “il quarto esportatore Ue verso l’Ucraina, con vendite nel 2021 pari a 2.113 milioni di euro, dietro a Polonia (6.326 milioni di euro), Germania (5.499 milioni di euro) e Ungheria (2.934 milioni di euro). Il made in Italy in Ucraina supera del 20,6% i livelli pre-pandemia del 2019, facendo meglio della media dell’Ue a 27 (+17,1%). Nel teatro di guerra il complesso delle esportazioni ammonta a 9.809 milioni di euro, a fronte di 17.273 milioni di euro di importazioni”.

Nel 2021, i dati di export tra Umbria e Russia fanno un conto da quasi 110 milioni di euro che piazzano il cuore verde d’Italia al settimo posto fra le regioni e all’ottavo per quanto riguarda le esportazioni verso l’Ucraina che valgono poco più di 15,5 milioni di euro.

Al netto del peso dell’acciaio e dunque dei volumi generati da Ast Terni che valgono circa il 40% del totale delle esportazioni dell’Umbria, i traffici più rilevanti riguardano prodotti di maglieria, agroalimentare e arredamenti. In passato, una voce consistente era rappresentata dalla ceramica artistica (soprattutto quella di Deruta) ma nel tempo questo interesse si è costantemente ridotto.

A livello provinciale è la parte nord dell’Umbria ad avere intessuto i rapporti commerciali più redditizi: l’export con la Russia vale nel Perugino quasi cento milioni di euro (dati 2021) che garantiscono alla provincia il ranking numero 32 in Italia mentre nel Ternano il business sfiora i 10,5 milioni (provincia numero 61 in Italia).

Verso l’Ucraina i traffici sono più ridotti: 14,5 milioni per la provincia di Perugia (44esima in Italia) e – come detto – poco meno di un milione per il Ternano (numero 77 in Italia).

Numeri che però sembravano destinati a crescere: l’export umbro verso la Russia è cresciuto del 22 per cento dal 2013 al 2021, piazzando la regione tra le sole 7 in Italia che hanno visto crescere i loro affari verso est, nonostante il -27% fatto registrare dal Ternano e pur a fronte del fatto che la percentuale media italiana di export per la Russia è diminuita di quasi il 30%, soprattutto in conseguenza dei dazi pesantissimi introdotti dal 2014.

Allo stesso modo, è cresciuto anche l’export manifatturiero Umbria-Ucraina: +8,5% a fronte del +4,5% registrato come media nazionale, con la ottima performance del Ternano (+267%).

Prima che la guerra arrivasse a mettere le bombe in mezzo ai conti.

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