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Economia

Ast, i “fantasmi” che arrivano dall’Asia: occhi puntati sul Mise

Domani l’incontro al Ministero, sindacati in agitazione. Fismic: strani movimenti nei reparti. Ugl: sacrifici e paure nel piano industriale. Uilm: no accordi al ribasso

Sarà una vigilia di San Valentino di passione per la città di Terni. Domattina al ministero dello Sviluppo economico si tornerà a discutere di Ast e quindi di sviluppo, occupazione e prospettive per quella che resta la principale azienda del territorio. Sul tavolo del Mise si giocherà dunque a carte scoperte. Da una parte l’azienda, dall’altra i sindacati. Al centro del dibattito un piano industriale che, stando almeno alle indiscrezioni, fa storcere il naso ai più.

Ugl Metalmeccanici

Il sindacato sollecita una “riflessione sul futuro del territorio e sulle strategie e azioni necessarie per la sua valorizzazione, soprattutto per quanto riguarda il settore industriale, che necessita sia di una rivitalizzazione focalizzata su tecnologie innovative sia della creazione di un contesto favorevole all’imprenditorialità”. E dentro a questa riflessione, trova uno spazio privilegiato Ast, “principale motore dell’economia locale”. L’analisi di Ugl parte dall’accordo del 2014 che “vincolava la multinazionale a un numero di occupati diretti di 2.400 dipendenti (mai raggiunto) a un milione di colato e investimenti per 170 milioni di euro per i quattro anni successivi dalla stipula dello stesso. Le aziende dell’indotto siderurgico (circa 110 imprese per complessivi 2.000 dipendenti) hanno riscontrato sin da subito difficoltà nell’affrontare alcuni cambi di gestione in Ast nell’ambito di logiche di acquisto e di pagamento, subendo una riduzione del numero di occupati. La Società delle Fucine, produttore di fucinati di grandi dimensioni in acciaio destinati ai settori energia, meccanica, chimica, petrolchimica, è entrata in una fase di profonda crisi industriale cosi come il Tubificio, che vede dimezzata la produzione finale, cosi Aspasiel ormai non più società, e Titania che ha cessato tutte le lavorazioni ormai da anni”. Dal passato al presente, il passo è breve ma rischioso. “Oggi l’amministratore delegato di Ast – dice Ugl - propone a parole un nuovo piano industriale che a nostro parere non si può definire tale visto che da 2.400 dipendenti si scende a 2.300, che da 1 milione di tonnellate di fuso si scende a 920 e che gli investimenti saranno di 50 milioni. Per la Ugl questo si chiama nuovo piano di ristrutturazione fatto di sacrifici e di tante paure”.

La Fismic

Ancora più nel dettaglio scende la Fismic che denuncia “continui cambi di organizzazione all’interno dei reparti come del resto ci è stato comunicato ieri: 12 unità del treno a caldo lasceranno il reparto per trasferirsi al reparto movimento. Questa nuova iniziativa da parte aziendale” rappresenta per la Fismic “un nuovo grave allarme legato alla produzione e all’occupazione. Perché aumentare gli organici del movimento ferroviario se la produzione diminuisce? In arrivo bramme o colis non prodotte da noi? Questa situazione deve far riflettere perché la lavorazione di bramme indonesiane degli ultimi tempi, oltre ad essere di buona qualità, risulta avere costi più competitivi di quelle prodotte in Ast e possiamo immaginare cosa accadrebbe se dovessero arrivare i rotoli con finitura Blk. Come Fismic riteniamo importante sottolineare questi aspetti che veramente rischiano di trasformare il nostro sito in un centro di lavorazione conto terzi, vista anche la necessità di trovare il giusto equilibrio tra la tutela ambientale e l'esigenza di far sopravvivere l'unica vera forma di reddito nella nostra città”.

La Uilm

Della necessità di un “patto per l’ambiente”, sottoscritto da Ministero, istituzioni locali e regionali, organizzazioni sindacali e dalla Thyssen Krupp, che sia “fondamentalmente propedeutico a poter determinare la sostenibilità delle prospettive future dell’intero sito siderurgico e di tutto ciò che dallo stesso dipende” parlano invece Uilm territoriale e Rsu Uilm di Ast. Sottolineando che “gli impegni assunti e contenuti nel travagliato accordo quadro del dicembre 2014” non sono “modificabili in modo sfavorevole. Dal nostro punto di vista, i volumi produttivi sul milione di tonnellate, gli assetti impiantistici, il portafoglio ordini, i livelli occupazionali e gli investimenti, dovranno trovare coerentemente conferme e nuove basi di rilancio e riaffermando “con estrema chiarezza l’indisponibilità a mediazioni opportunistiche e ad accordi al ribasso che penalizzino in alcun modo il nostro lavoro e il nostro territorio”.

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