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Economia

Tubificio di Terni, le incognite sul futuro: mercato, volumi produttivi e “peso” dei lavoratori

Rsu di fabbrica e segreterie territoriali di Fim, Fiom e Fismic hanno concluso il ciclo di assemblee: positivo lo scorporo da Ast-Arvedi, ma adesso serve un piano industriale più complesso e dettagliato

Lo scorporo da Ast-Arvedi è stata una “scelta positiva”. Che però adesso va incardinata dentro un piano industriale più complesso e dettagliato per trasformare questa scelta in una “opportunità” e risolvere così le incognite del futuro.

Le Rsu del Tubificio di Terni assieme alle segreterie territoriali di Fim, Fiom e Fismic hanno concluso il ciclo di assemblee dei lavoratori dopo 9 mesi dallo scorporo da Acciai speciali Terni. Le assemblee hanno riportato “lo stato di preoccupazione dei lavoratori in merito ai volumi produttivi, agli investimenti, all’organizzazione del lavoro, manutenzioni, ricambi e alla salute e sicurezza”, ribadendo però “che la scelta dello scorporo ha una sua prerogativa industriale. Non a caso insieme ai lavoratori si è giudicata positivamente l’operazione, provando a cogliere un’opportunità per quello che ha sempre rappresentato il Tubificio di Terni. Comunque, quella scelta, doveva certamente essere rafforzata all’interno di un piano industriale più complessivo e dettagliato”.

Lavoratori e sindacati insistono insomma adesso sulla necessità di “un cambio di paradigma” e dunque sullo sviluppo di “una urgente discussione che indichi come il Tubificio di Terni” può tornare “ad essere strategico nel gruppo Ast-Arvedi e nell’intera filiera del tubo. Quali politiche commerciali si intendono avviare per riconquistare mercati e clienti sia sullo strutturale che sull’automotive? Con quali mix produttivi? Con quali impianti? Con quali professionalità? Come si organizza il processo del taglio, della satinatura e delle spedizioni? Quali servizi? Quali sono i volumi, gli spazi di gestione? Qual è l’andamento economico? Tutte queste domande – spiega una nota diffusa dai sindacati - ne racchiudono una: quale visione di insieme si ha del Tubificio?”.

Sembra dunque essere arrivato il momento per chiudere “l’emergenzialità generata dalla disdetta di un contratto commerciale, che ha prodotto esuberi nella filiera. Quei lavoratori continuano ad essere strategici anche in ottica di efficienza e riduzione dei costi. Lo scorporo del Tubificio, infine, non può generare differenziazioni tra i lavoratori: organizzazione del lavoro, salute e sicurezza devono essere centrali senza nessuna deroga. Prima di qualunque riorganizzazione vanno rilanciati investimenti, innovazione e formazione dei lavoratori. Invece, le uniche cose che si percepiscono oggi sono le azioni volte al risparmio che quasi sempre vanno nella direzione contraria agli obiettivi sopracitati”.

L’invito rivolto però all’azienda è di “dare risposte in tempi rapidi alle problematiche emerse, attraverso incontri con le organizzazioni sindacali con la necessità di programmare prospettiva e futuro con obiettivi verificabili di volta in volta per iniziare una vera controtendenza. C’è bisogno di ascoltare di più i lavoratori che lo stabilimento l’hanno visto nascere e svilupparsi nel tempo. I lavoratori, che da sempre hanno fatto sacrifici, dato flessibilità e professionalità, oggi, non possono diventare un problema”.

Al contrario, rilevano ancora le organizzazioni sindacali, “con lo stato attuale delle cose si ha la sensazione di una smobilitazione e di rimessa in discussione di quelle professionalità. In maniera rapida auspichiamo quindi, che l’azienda esca da una gestione verticistica e coinvolga tutti i lavoratori in un chiaro progetto di rilancio, iniziando con un percorso di confronto con i rappresentanti dei lavoratori, altrimenti si rischia un irreversibile irrigidimento e una escalation dello stato di agitazione che di fatto si è generato tra i lavoratori”.

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