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A Terni stanno scomparendo i negozi (posti di lavoro e ricchezza): "Non è colpa solo della crisi..."

L'analisi del presidente regionale di Confesercenti Giuliano Granocchia sulle cause che hanno portato ad una drammatica chiusura delle attività commerciali

Pubblichiamo l'analisi del presidente regionale di Confesercenti Giuliano Granocchia sulle cause che hanno portato ad una drammatica chiusura delle attività commerciali, soprattutto medio-piccole e nei centro storici. Non solo colpa della crisi economica...

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di Giuliano Granocchia
Hanno tutti il verso negativo i dati sull’andamento delle attività commerciali in Umbria ed in particolar modo per le due città capoluogo di Perugia e Terni. La crisi iniziata nel 2008 fa registrare nel centro storico di Perugia un -32,4 dal 2008 ed un meno 5% dal 2016 ed un -8% nello stesso periodo a terni.
Di fronte a dati come questi è necessario da parte di tutti i soggetti che sono chiamati a definire le scelte strategiche del territorio regionale una piena presa di coscienze della drammaticità della situazione.

Va denunciato il fatto che questa situazione non può essere imputata solo alla crisi. Vi sono cause territoriali determinate da scelte profondamente sbagliate che molte amministrazione locali hanno fatto in tema di urbanistica commerciale. Lo steso decreto Bersani, se in un primo momento, dopo decenni di ingessamento del settore, aveva portato una dinamica virtuosa  ha oggi dispiegato tutti i suoi aspetti negativi avendo aperto le porte alle medie e grandi superfici di vendita.  Le amministrazioni comunali, da una parte senza reali strumenti legislativi e dall’altra alla ricerca di risorse derivanti dagli oneri di urbanizzazione non hanno saputo resistere alle richieste della grande distribuzione. 

Oramai le nostre città in senso allargato non solo i centri storici sono circondate spesso da centri commerciali che riproducono format più o meno uguali, con quasi sempre gli stessi grandi marchi che rendono quasi insostenibile la possibilità di esistenza di piccoli negozi soprattutto in alcune categorie merceologiche. Lo stesso commercio on-line ha dispiegato i suoi effetti prima sui piccoli, ed ora rischia di colpire le realtà delle grandi strutture. E’ cosa risaputa la drammatica dinamica dei fallimenti dei grandi mall dove sono stati persi circa 460.000 posti di lavoro sostituiti solo in minima parte nel settore dell’e-commerce.
Non basta denunciare che una vetrina chiusa è una strada meno sicura. Sono anni che viene detto e l’e-commerce è esploso. Non bastano limitati interventi di settore, sono anni che vengono fatti con risultati quasi nulli. Ci auguriamo interventi settoriali  la cui applicabilità sia rispondenti in termini di tempistica e burocratizzazione ai bisogni dei commercianti.   Negli anni passati abbiamo assistito a strumenti così complessi e burocratizzati che alla fine non hanno permesso, in alcuni casi, l’utilizzo delle risorse.

Il commercio di prossimità è giunto il momento di una riflessione, non sulle cause abbondantemente conosciute, ma sulle politiche necessarie capaci di bloccare il declino ed invertire la rotta. Allora intanto è pensabile che le amministrazioni comunali, in accordo con la regione, intervengano sugli strumenti urbanistici per decretare uno stop a nuove apertura di medie e grandi superfici.  Che sul tema si apra una riflessione. E poi sono necessarie politiche di reinsediamento di servizi e famiglie nei centri storici. Ed ancora una nuova politica della mobilità che privilegi quella alternativa all’auto usata; una nuova politica che rivitalizzi vie e piazze prendendo esempio da quanto fatto in molte realtà europee. Confesercenti dell’Umbria rimarca la sua volontà di dare un contributo di riflessione a tutte le azioni ed i soggetti che con le loro scelte possono invertire la drammatica direzione delle chiusure.

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