Fase due, la rabbia delle estetiste: “Non siamo ‘strappa peli’ ma imprenditrici, ecco le nostre proposte”
Le imprenditrici della salute e del benessere dell’Umbria lanciano la sfida al Governo: in due mesi di chiusura abbiamo perso tre miliardi, adesso chiediamo lotta all’abusivismo e liquidità immediata
Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del gruppo Estetiste titolari Umbria. SI tratta di una lettera-appello indirizzata al Governo sul tema dell’emergenza Coronavirus e le tappe della riapertura, la cosiddetta “fase due”.
Non possiamo continuare ad essere considerate “strappa peli”. Basta! Siamo e meritiamo molto di più. Pensate a tutto quel reparto di nostre colleghe chiamate “estetiste etiche”, cioè specializzate in trattamenti oncologici.
Il comparto solo nella nostra regione ha generato 43 miliardi per le casse dello Stato nel 2019. E in questi due mesi la perdita è stimata già a 3 miliardi.
Abbiamo delle richieste vere, concrete e pensiamo anche attuabili. Le nostre priorità sono nate dal confronto con molte colleghe del gruppo Estetiste titolari Umbria, stanche di essere considerata l’ultima ruota di un carro che ormai le ha consumate.
Partiamo dal punto essenziale e in questo momento deve assolutamente essere fermato: l’abusivismo. Perché è importante? Ora non è solo una questione di legalità e igiene (che sarebbero già sufficienti come punti, ma ciò non ha impedito il proliferare di queste persone che lavorano impunite) ma anche e soprattutto un vero e proprio mezzo di contagio. Già. Non capiamo come sia possibile che ad oggi non sia stato fatto nulla per fermare una piaga che affossa e schiaccia chi svolge la professione in modo legale. In più, non si sta facendo nulla neanche in un momento delicato come quello che stiamo vivendo.
Pagine e pagine sui social che confermano quello che scriviamo. Indisturbate si pubblicizzano, prendono appuntamenti, dichiarano addirittura che stanno reperendo il materiale per lavorare in sicurezza e che non appena pronte, saranno loro stesse a chiamare per prendere l’appuntamento. Ma stiamo scherzando!
Noi, regolari attività registrate alla camera di commercio, all’agenzia delle entrate. Noi che paghiamo regolarmente le tasse e rispettiamo ampiamente, anche più del dovuto, le norme igieniche, dobbiamo stare chiusi per il bene collettivo, loro no? E chi sono loro per poter esercitare tranquillamente, continuando anche a reperire il materiale che viene messo a disposizione sul mercato senza limiti?
Proprio per questo abbiamo anche un’idea, anzi una parte della soluzione diremmo, per stoppare questa piaga: far smettere subito la vendita di prodotti professionali a chiunque, anche quelli privi di partita Iva, la maggior parte dei quali addirittura esercita a casa dopo un video tutorial visto su internet. Ma lo vogliamo capire o no che la maggior parte di loro stanno rubando soldi non solo dalle tasse, ma anche con il reddito di cittadinanza percepito regolarmente. Arrivando mensilmente a percepire uno “stipendio” pari se non superiore a quello che una titolare, sempre secondo lo Stato, prenderebbe, e che vi posso assicurare non è così, perché molte e molti di noi prima di prendersi lo stipendio, mettono a posto i conti!
Questa lotta ci fa passare al secondo punto, la riapertura delle nostre attività. Se non è possibile per problemi gravissimi di contagio, se questo comporta un problema di salute, capiremo, ci mancherebbe altro. Ma allora ci chiediamo, perché in altre parti d’Europa si vociferano riaperture molto prima delle nostre e in altri Paesi è già avvenuto? Cosa c’è di diverso?
Riaprire permetterebbe di fermare la piaga dell’abusivismo e a molte di noi di sopravvivere nonostante non siano state eliminate tasse, affitti, bollette ecc…
Eh sì. Noi stiamo pagando tutto. Pochi proprietari degli immobili si sono messi una mano sul cuore e hanno preso l’iniziativa di venirci incontro sul costo dell’affitto. Pochi fornitori hanno dilazionato ulteriormente i pagamenti. Ma pensate a tutte quelle titolari che non hanno avuto questa fortuna, sommate le bollette pervenute con cadenza precisa e scalo dal conto senza sgarrare di un secondo. Pensate a tutti i mutui e finanziamenti (unica cosa possibile che abbiamo bloccato per 6 mesi) che per le nostre attività abbiamo fatto.
Ecco per questo passiamo al terzo punto, essenziale: liquidità.
Esatto, chiediamo una liquidità immediata, garantita al 100% e non al 90% e preferibilmente a fondo perduto. Non servono grandi somme, basterebbe calcolare l’introito di ogni azienda (e questo già lo sanno) e dare quanto necessario per il pagamento delle spese fisse. Il Governo non può pensare che cedere alle banche la rogna di risolvere il problema liquidità sia la soluzione. Il Governo deve prendere delle decisioni fondamentali e ferme. Essenziali diremmo. Perché la domanda che ci stiamo facendo è: cosa converrebbe al Governo? Far ripartire le attività così da avere un ingresso con tasse e altro, o farle chiudere, con la disperazione che ne consegue e anche la crisi non solo economica ma lavorativa? Insomma, chi troverebbe lavoro se le aziende chiudono?
Inoltre, perché non bloccare tutti i vostri stipendi, tanto di fame non morite, oltre che bloccare completamente tutte le tasse per almeno il 2020?! Insomma, siete riusciti a salvare una banca, trovando i soldi per farlo, siete stati bravissimi, peccato che anche noi siamo aziende come la banca in questione, ma non avete problemi a farci fallire. Eh lo sappiamo, noi amicizie che contano e parenti in alto non li abbiamo. Peccato che è il nostro lavoro che paga i vostri stipendi, quindi di logica siete nostri dipendenti.
Se non faranno tutto questo, alcune chiuderanno.
Sapete perché? Perché, oltre a tutta la sterilizzazione che già efficientemente e minuziosamente facciamo ogni santissimo giorno da anni, ci chiedono di avere delle ulteriori accortezze pari, se non superiori, a quelle di un ospedale. E questo a noi estetiste.
Quindi la domanda che stiamo per porre ci porta al nostro ultimo punto: la categoria. Perché noi estetiste dobbiamo avere la sanificazione come un ambulatorio (giusto per carità, molte di noi attuano anche più di quello che c’è scritto nelle norme, proprio perché teniamo al nostro lavoro) ma veniamo considerate ancora artigiane? Si, noi facciamo quello che fa un medico come sterilizzazione, lavoriamo sulla pelle, che anatomicamente parlando è un organo, però siamo artigiane, con tutto quello che ne consegue. Allora ci domandiamo: perché non spostarci tra gli operatori sanitari, come è giusto che sia?
Anche perché, il nostro operato va ben oltre il semplice servizio svolto. Noi sappiamo donare al cliente un benessere fisico e psicofisico. Noi riusciamo ad entrare in contatto con la cliente nella sua sfera più intima, andando a risvegliare emozioni represse. Quindi, se ci spostiamo nella categoria sanitaria, lo Stato guadagnerebbe meno? Beh, questo non è vero, perché si potrebbe lavorare molto di più! Perché? Perché potremmo fatturare al cliente e rendere scaricabile il servizio svolto da noi.
Quindi lanciamo questa sfida al Governo.
Imprenditrici del settore salute e benessere Umbria