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Umbria, falsa formazione professionale per ottenere il credito d'imposta, un affare "sporco" da 57 milioni di euro

Indagini della Guardia di finanza, indagate 7 persone residenti a Perugia, Spoleto e Foligno. Coinvolte 4 aziende

Finti corsi di formazione per accedere ai benefici del credito di imposta. Un giro d’affari multimilionario, portato alla luce dalle indagini della Guardia di finanza, coordinata dalla Procura della Repubblica di Vallo della Lucania. Secondo le indagini, il giro di affari illecito sarebbe stato gestito da un sodalizio criminale con a capo un imprenditore cilentano che attualmente vive a Dubai. Attraverso una società italiana e la sua gemella bulgara, entrambe operanti formalmente come società di consulenza e formazione per le imprese, avrebbe consentito ad altre imprese di avere accesso, indebitamente, al credito d’imposta formazione 4.0”, incentivo pubblico previsto dalla Legge di Bilancio 2018. Il sistema sarebbe stato composto da una fitta rete di procacciatori d’affari che rispondevano al principale indagato e che individuavano le imprese indebitate con il fisco e stipulavano con queste dei contratti per formazione e consulenze.

Con il presunto aiuto di alcuni delegati sindacali venivano stipulati dei fasulli contratti collettivi aziendali utilizzando marche da bollo false in modo da attestare i costi sostenuti dalle imprese e a retrodatare artificiosamente le stipule dei contratti stessi. Gli addetti agli uffici delle due società avrebbero prodotto artificiosamente tutta la documentazione necessaria per l’ottenimento del credito d’imposta, tra cui registri didattici delle presenze, l’autocertificazione del rappresentante legale dell’impresa beneficiaria, la relazione del docente sulla valutazione dell’attività del corso di formazione, con falsa attestazione dell’avvenuta formazione del personale.

A quel punto, diversi professionisti avrebbero provveduto a rilasciare alle imprese beneficiarie l’asseverazione del credito d’imposta, certificazione obbligatoria, rivelatasi anch’essa fittizia. La formazione, secondo quanto ricostruito dalle indagini, di fatto non sarebbe avvenuta né in presenza né in modalità a distanza, pur essendo queste le uniche tipologie di formazione ammesse. Ottenuto illecitamente il credito le aziende lo portavano immediatamente in compensazione per poi versare una percentuale alla società di Dubai. Gran parte dei profitti illeciti veniva successivamente reinvestita in altre attività o trasferita all’estero su conti correnti intestati a società riconducibili agli indagati, alcune di esse in Bulgaria, Lituania, Emirati Arabi e Malta.

Il giro d’affari realizzato dalle persone fisiche e giuridiche indagate a vario titolo per i reati di associazione a delinquere, indebita compensazione, emissione di fatture false e autoriciclaggio ha fruttato un profitto illecito complessivamente pari ad 56.739.864,34 euro. Complessivamente i soggetti umbri coinvolti sono 7 persone fisiche e 4 società, residenti o aventi sede, nel caso delle imprese, tra Perugia, Foligno e Spoleto (beneficiari dei crediti fittizi).

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