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Acciai Speciali Terni, sciopero di tre ore: "Piano industriale inaccettabile"

Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Ugl, Usb e Rsu: "Riaffermiamo la nostra contrarietà all'indebolimento industriale della città dell'acciaio"

Uno sciopero previsto per la giornata di mercoledì 16 gennaio, dalle ore 11 alle ore 14, di tutti i lavoratori del sito e degli appalti con presidio alla portineria del Tubificio. È quanto deciso da Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Ugl, Usb e Rsu in merito alla politica industriale riguardante il sito siderurgico di Terni.

I motivi dello sciopero previsto per la prossima settimana

Il piano industriale proposto non è accettabile perché, al di là delle belle parole, comporta riduzione ed indebolimento. Diminuiscono i volumi prodotti, dato che si andrà sotto un milione di tonnellate annue. Inoltre diminuisce la forza lavoro: obiettivo 2300 dipendenti. Non sussiste nessuna garanzia per i contratti somministrati, l’entità degli investimenti è sufficiente solo al mantenimento dello status quo.C’è poca trasparenza sul sistema organizzativo delle attività dirette ed indirette. Infine non c’è chiarezza sul sistema degli appalti a partire dal progetto scorie ed ambiente. A tal proposito - sottolineano i firmatari - Per queste ragioni l’insieme dei lavoratori ha deciso di mettere in campo tutte le iniziative necessarie al fine di rimuovere questa impostazione. È necessario accelerare i tempi dell’incontro, già chiesto, al Governo al fine di far prendere degli impegni precisi a ThyssenKrupp su Terni. Inoltre è necessario riaffermare la nostra contrarietà all’indebolimento industriale di Terni nelle sue diverse articolazioni. È dirimente valorizzare la strategicità delle produzioni ternane con politiche ed azioni concrete e non semplicemente con spot ed annunci. Con novantotto milioni di utile conseguiti è assurdo che non ci sia la volontà di redistribuire”. Nella fattispecie “Gli utili che AST ha ottenuto nel biennio passato sono anche frutto del sacrificio dei lavoratori che in AST hanno operato e continuano ad operare. La redistribuzione deve riguardare l’insieme delle maestranze e non soltanto “pochi eletti” come avvenuto in questi anni ad opera unilaterale dell’azienda”.

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