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Il “furto” dei canoni idroelettrici, M5S alla Regione: rivedere le risorse assegnate a Terni

Denuncia dei 5 Stelle: le multinazionali incassano centinaia di milioni e lasciano briciole alla città dell’acciaio, chiudendo la cascata delle Marmore e danneggiando il borgo di Piediluco

Quante “decine di milioni palazzo Donini” ha incassato “tramite i canoni idroelettrici dal momento in cui la gestione del demanio idrico è passata a Regioni ed enti locali” e “rispetto a tale ammontare, quanti di questi milioni siano stati riassegnati al Comune di Terni”. Sono queste le domande contenute nell’interrogazione che i consiglieri del Movimento 5 Stelle, Andrea Liberati e Maria Grazia Carbonari, hanno presentato alla giunta regionale, anche con l’obiettivo di “aggiornare la legge regionale 33/2004, visto che, al momento, non esiste una norma che indichi una percentuale fissa di risorse da riassegnare strutturalmente e annualmente ai Comuni interessati dalla presenza di tali invasivi impianti”.

Il paradosso delle concessioni

La battaglia a Cinque stelle prende le mosse dai tragici fatti di Genova e si appunta sul “generoso sistema delle concessioni all'italiana, incluse quelle idroelettriche di grande derivazione”. “Da anni il M5S in Regione – dicono Liberati e Carbonari - sta lottando contro le multinazionali dell’idroelettrico, enormi poli privati interessati a depredare le nostre risorse, guadagnando miliardi e dando nulla ai territori. L’idroelettrico è la vera gallina dalle uova d’oro dell’Umbria, un’attività che genera una rendita generosissima”. La situazione umbra sarebbe “particolarmente grave – sostiene il Movimento - perché non solo i canoni, pur tardivamente aumentati, restano ridicoli, ma anche perché arriva pressoché nulla ai Comuni interessati da tali invasivi impianti: quest’anno, ad esempio, Terni riceve 1,3 milioni per la prima volta, dopo che la Regione, negli ultimi 20 anni, avrebbe incassato oltre 70 milioni di euro, devolvendo formalmente niente, a quanto ne sa il M5S. Su questo chiediamo ancora maggiori informazioni”. Al problema delle “elemosine” rispetto a ricavi generosissimi, si aggiunge il fatto che “la mancanza di una legge strutturale non solo perpetra la sottrazione delle risorse fin qui scientificamente praticata da palazzo Donini, ma rende le comunità locali ostaggio di scelte politiche unilaterali e financo arbitrarie della Regione”.

La situazione di Terni

Su Terni insistono “invasivi e potenti impianti: i più potenti a livello regionale e tra i principali a livello nazionale” ossia Galleto (326 MW) e monte Argento (82 MW) oltre che la maggiore quota di popolazione residente. La Regione ha raddoppiato il canone per questi impianti; portandolo al livello medio nazionale, ma “continua a trattenersi l’80% circa di questi incassi, riservando sotto strette condizionalità 1,3 milioni di euro a Terni per quest’anno rispetto agli 8 milioni annualmente riscossi dalla Regione, di cui circa 7,5 milioni introitati per impianti su Terni-Narni”. Impianti che, dicono i Cinque stelle “sacrificano un bene essenziale come il turismo, chiudendo illegalmente la cascata delle Marmore mediamente per sei giorni su sette” e danneggiano “paurosamente il borgo di Piediluco, con un esteso dissesto idrogeologico legato a una variazione idrometrica quotidiana ormai insostenibile, mentre i rapaci concessionari di turno guadagnano da anni all’incirca 300.000 euro al giorno, ossia 12.500 euro l’ora”.

Le richieste dei Cinque Stelle

Liberati e Carbonari hanno perciò presentato una interrogazione a risposta scritta “per sapere più puntualmente quante decine di milioni palazzo Donini abbia incassato tramite i canoni idroelettrici dal momento in cui la gestione del demanio idrico è passata a Regioni ed enti locali (ossia dal 1998, ndr) e, rispetto a tale ammontare, quanti di questi milioni siano stati fin qui puntualmente riassegnati al Comune di Terni, laddove cioè si produce la maggior parte dell’energia verde dell’Umbria”. Chiedendo inoltre “se la Giunta intenda aggiornare la legge regionale 33/2004, visto che, al momento, non esiste una norma che indichi una percentuale fissa di risorse da riassegnare strutturalmente e annualmente ai Comuni interessati dalla presenza di tali invasivi impianti: a nostro avviso, queste città dovrebbero ricevere almeno l’80% della somma annualmente riscossa con i canoni dalla Regione, con Terni a far la parte del leone per il combinato disposto potenza degli impianti-popolazione residente”.

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