rotate-mobile
Politica

Elezioni, un terremoto che ha “sconvolto” l’Umbria: ecco i segreti delle urne

L’analisi dei flussi elettorali dopo Europee ed Amministrativa: il Pd ha perso 120mila voti in cinque anni, la Lega è passata da 12mila a 171mila preferenze. Ballottaggio ad Orvieto: così ha vinto Roberta Tardani

“Le elezioni europee hanno sconvolto il panorama politico della nostra regione, molto più di quanto avvenuto in altre regioni italiane. Il voto di appartenenza non c’è più: è calata radicalmente la fedeltà al proprio partito politico. Nello stesso giorno, a distanza di qualche secondo, un elettore vota a sinistra per le europee e a destra per le comunali oppure viceversa. Il confronto tra le Politiche del 2018 e le Europee di quest’anno rivela una enorme mobilità. Si potrebbe definire un elettorato più libero e più maturo”.

Sono alcune delle considerazioni fatte dal professor Bruno Bracalente dell’Università di Perugia sull’analisi dei flussi elettorali in Umbria, lo studio presentato oggi – 11 giugno - a Palazzo Cesaroni, condotto con il software messo a punto dal professor Antonio Forcina e con la collaborazione di Nicola Falocci e Brunello Castellani del Servizio studi e valutazione delle politiche dell’Assemblea legislativa dell’Umbria.

L’analisi parla di “oscillazioni senza precedenti” che hanno interessato i principali partiti e movimenti. Il Partito democratico rispetto alle Europee del 2014 ha perso 120mila voti e quasi 20mila anche rispetto alle Politiche del 2018; Il M5S ha più che dimezzato i propri voti rispetto alle Politiche di un anno fa, perdendone 75mila; lo stesso ha fatto Forza Italia, che in un anno è passata da 60mila a 29mila voti; la Lega, che alle Europee del 2014 aveva ottenuto 12mila voti è passata a 103mila alle Politiche del 2018, fino a raggiungere i 171mila voti in queste elezioni europee; stabile la sinistra radicale, intorno ai 25mila voti, mentre sia la destra di Fratelli d’Italia che le altre liste di centrodestra o estrema destra sono in decisa crescita, dai 25mila voti del 2014 ai 38mila di queste elezioni europee”: sono le considerazioni iniziali e basilari

Tutti sul Carroccio

Lo “straordinario successo” della Lega è stato determinato, oltre che dalla conferma di quasi tutti i suoi consensi delle Politiche precedenti, da flussi in entrata da tutti i settori dello schieramento politico. In primo luogo dal M5S, che ha ceduto al Carroccio oltre il 16% dei suoi 141mila voti ottenuti nel 2018 (circa 24mila). Il secondo flusso in entrata per consistenza assoluta è quello di provenienza Pd, che ha ceduto alla Lega circa 21mila voti, il 16% dei 127mila voti ottenuti nel 2018. Molto consistente è anche il flusso di provenienza FI, che ha ceduto alla Lega oltre un quarto dei suoi 60mila voti (17mila). Altri flussi provengono da Fd’I e dalle altre liste di destra (in complesso circa 7mila) e, in misura notevole, dal non voto del 2018 (circa 11mila).

Così il Partito democratico

Il Pd ha mantenuto quasi il 90 per cento dei propri voti del 2018. I principali flussi in uscita sono andati al non voto (oltre 16mila voti assoluti, 13% dei propri voti del 2018) e alla Lega (21mila voti, 16%), mentre è stato modesto il deflusso verso il M5S (2mila voti). In entrata il flusso principale proviene dalle liste di sinistra, che complessivamente hanno ceduto al Pd il 23% dei propri voti del 2018 (oltre 6mila). Anche le altre liste di centrosinistra gli hanno ceduto il 23% dei loro voti (3mila) e, come la Lega, ha recuperato una parte dell’astensionismo del 2018: circa il 3%, pari a 5 mila voti. A differenza della Lega, il Pd ha invece intercettato poco il consistente flusso in uscita dal M5S (3mila voti). Il saldo dei flussi in entrata e in uscita è negativo per oltre 20 mila voti.

E le Stelle stanno a guardare…

Il dimezzamento dei voti del M5S è stato determinato in primo luogo dall’astensionismo: il flusso verso il non voto ha infatti riguardato ben il 37% dei propri elettori del 2018 (oltre 50mila). Ha inoltre pesato il già ricordato flusso verso la Lega (24 mila voti), mentre sono stati limitati i flussi verso il Pd e le liste di sinistra (circa 3mila voti ciascuno). In entrata piccoli flussi di provenienza da entrambi i lati dello schieramento politico e uno un po’ più consistente dal non voto delle Politiche (circa 6mila voti).

C’era una volta Forza Italia

Il dimezzamento dei voti di Forza Italia deriva principalmente dal flusso verso la Lega a cui ne ha ceduti 17mila (il 28% di quanti ne aveva ottenuti un anno fa). Ne ha poi ceduti 15mila al non voto e quasi 4mila a Fd’I, in parte compensati da un flusso in entrata dal medesimo partito; in entrata anche altri piccoli flussi di varia provenienza e dal non voto del 2018.

Che succede a destra?

Tale le altre liste quella che ha ottenuto il migliore risultato è Fratelli d’Italia, che ha acquisito voti da Forza Italia e dalla Lega (circa 3mila voti da ognuno), dal M5S (meno di 2mila) e anche dal non voto del 2018 (altri 3mila voti); ne ha a sua volta ceduto in diverse direzioni, in particolare alla Lega (3/4mila). Le altre liste di destra e centrodestra hanno avuto flussi in entrata provenienti da diverse liste, anche di centro sinistra, ma sempre molto limitati.

Il popolo del non voto

Dalle Politiche 2018 alle Europee 2019 il complesso delle astensioni in senso lato (elettori che non si sono recati ai seggi o che hanno espresso voto nullo o hanno lasciato la scheda bianca) è aumentato di circa 73mila (da 165mila a 238mila), i partiti più penalizzati dal fenomeno, ovvero quelli che hanno subito le più consistenti differenze negative tra i flussi in uscita verso il non voto e flussi in entrata dal non voto delle elezioni precedenti, sono il M5S (47 mila) e poi FI (14 mila) e il PD (12 mila). Altre liste hanno invece avuto un limitato saldo positivo.

L’Umbria e l’Italia

L’indagine rileva inoltre che la Lega registra in Umbria, con il 38,18%, il quarto miglior risultato italiano (Veneto 49,88%, Lombardia 43,38%, Friuli V. G. 42,56%, Italia 34,33%), risultato che le consente di essere primo partito in 87 comuni su 92. Il Pd ottiene in Umbria il 23,98%, un punto sopra la media nazionale, al di sotto di Toscana (33,31%), Emilia Romagna (31,24%) e Liguria (24,94%), in sostanziale parità con Piemonte (23,94%), Lazio (23,79%) e Lombardia (23,08%). Il M5S con il 14,63% si colloca sotto la media nazionale (17,07%), tra il dato dell’Italia Centrale (15,95%) e quello dell’Italia Nord-Occidentale (11,12%).

Il ballottaggio di Orvieto

Nel caso dello spareggio di domenica scorsa tra Giuseppe Germani (sindaco uscente di centrosinistra) e Roberta Tardani (la candidata del centrodestra poi risultata vincitrice) la minore partecipazione al voto rispetto al primo turno ha riguardato quasi esclusivamente gli elettori dei candidati esclusi dal ballottaggio, che hanno disertato le urne con percentuali comprese tra il 26% (elettori di Barbabella) e il 45/46% (elettori di Rosati e Panzetta), mentre tra gli elettori dei due candidati ammessi al ballottaggio, soltanto il 5/6% ha disertato le urne. I fattori della vittoria della candidata di centrodestra Tardani invece in parte differiscono, soprattutto perché è stata minore la capacità di acquisire i voti degli elettori dei candidati esclusi dal ballottaggio, che sono andati prevalentemente al candidato del centrosinistra Germani (in complesso, 1100 contro 800 andati a Tardani).

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Elezioni, un terremoto che ha “sconvolto” l’Umbria: ecco i segreti delle urne

TerniToday è in caricamento