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Tesoreria, opposizioni in coro: “Il Comune deve trovare 23 milioni, rischio nuovo dissesto”

Conferenza stampa di Pd, M5s, Senso Civico e Terni Immagina dopo la sentenza della Corte dei Conti sul caso Unicredit

“Non solo 13 milioni di euro che la Corte dei Conti ha ribadito debbano finire nel bilancio, e non alla Osl, ma anche altri dieci che rientrano nella partita dei creditori che non hanno accettato la riduzione del pagamento al momento del dissesto”. In totale quindi circa 23 milioni di euro che, secondo la ricostruzione dei partiti di opposizione a Palazzo Spada, dovranno essere inseriti nel prossimo bilancio 2023. Una cifra che in quel caso il Comune dovrebbe in qualche modo ovviamente coprire. Conferenza stampa del Partito democratico, del Movimento Cinque Stelle, Senso Civico e Terni Immagina proprio nella sala del consiglio comunale per approfondire la questione dell’anticipo di tesoreria, rilanciata in questi giorni dalla sentenza della Corte dei Conti che ha dato torto all’amministrazione comunale. 

Una questione che risale al 2019 e che si è ingarbugliata a livello normativo visto che Terni, nel marzo di quell’anno, è stato uno dei primi Comuni in Italia ad andare in dissesto con le nuove norme per le pubbliche amministrazioni, in particolare la Legge Finanziaria del 2018. 

“Già a ottobre 2020 - spiegano i capigruppo dei gruppi di opposizione - come minoranze avevamo detto che bisognava intervenire urgentemente per inserire l'anticipo di tesoreria all'interno del bilancio comunale e non in quello dell'Organismo Straordinario di Liquidazione. Oggi purtroppo i nostri timori trovano riscontro. Una situazione che fino all'ultimo questa giunta ha cercato di nascondere, non inserendo questi debiti nel bilancio ordinario dell'ente. Come forze di opposizione in questi anni più volte abbiamo esortato il sindaco Leonardo Latini e l'assessore al Bilancio Orlando Masselli a non ignorare questa spada di Damocle che pendeva sulla testa dei ternani. Purtroppo le uniche risposte che abbiamo ricevuto sono state quelle di chi ci ha definito dischi rotti, capaci solo di fare allarmismo con il solito rimpallo delle responsabilità. Abbiamo chiesto di condividere responsabilmente un percorso per evitare ai ternani un secondo dissesto. Ma questa amministrazione ha preferito far ricadere interamente su di sé la responsabilità di questo fallimento, trincerandosi dietro un'ostinata certezza fondata su pareri che non avevano alcun riscontro su quanto previsto dal Tuel. Oggi, a pochi giorni dall'approvazione del bilancio di previsione e del Dup siamo qui a chiedere un gesto di umiltà e responsabilità verso la città. Non è più tempo di campagne elettorali fatte spremendo i cittadini e nascondendo i debiti sotto al tappeto. E' arrivato il momento di prendere atto che i problemi vanno affrontati. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo per evitare a famiglie ed imprese di pagare di tasca propria questo ennesimo fallimento purtroppo prevedibile e ampiamente annunciato. Per questo chiederemo anche una seduta straordinaria del consiglio comunale, per fare piena luce”. 

Il Comune dal canto suo presenterà ricorso alle sezioni unite dei giudici contabili, forte del fatto che il ministero dell’Interno e la stessa Corte dei Conti aveva espresso due pareri favorevoli all’operato del Comune. In mezzo c’è una normativa in evoluzione e di complicata interpretazione giuridica. 

Secondo le opposizioni, a fare da giurisprudenza sono tre casi: un comune del Molise, uno del Lazio (Monte Porzio Catone) e uno della Puglia (Chieuti) hanno chiesto pareri tecnici, in quanto in dissesto come Terni, su come dover conteggiare le varie parti dei debiti accumulati per ripartire con il nuovo bilancio, il primo post dissesto. In sostanza, tutti e tre i documenti indicano che il calcolo dei fondi vincolati non va considerato di spettanza dell’Organo Straordinario di Liquidazione, ma nell’ambito dell’esercizio ordinario dell’ente. E quindi va iscritto a bilancio. 

Nella delibera della sezione regionale del Lazio relativa al Comune di Monte Porzio Catone si legge infatti: «L’espressa previsione della separazione della gestione dei fondi vincolati rispetto alla gestione degli altri residui della gestione straordinaria, unito al fatto che alcuna modifica è stata apportata alla disciplina della massa passiva e attiva, induce a ritenere che i fondi in argomento non rientrano nelle predette masse, come peraltro era già previsto dal regolamento del 1993, nell’originaria versione. La suddetta interpretazione consente, inoltre, di mantenere operatività a quanto previsto dal comma 7 dell’art. 6 del medesimo regolamento, ai sensi del quale dalla proposta di riparto della massa attiva tra i creditori vanno detratti i debiti finanziati con entrate vincolate a norma di legge; diversamente la norma, rimasta in vigore, mal si concilierebbe con l’assegnazione della gestione dei fondi vincolati all’Osl»

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