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Martedì, 23 Aprile 2024
Politica

Rifiuti, il “piano” per bruciare Css a Terni e il nuovo polo impiantistico alle ex Officine Bosco

Carloni (Asm): “Sette o ottomila tonnellate potrebbero andare all’inceneritore Acea”. Il Recovery Umbria: valorizzare lo scarto non recuperabile negli impianti industriali dedicati, evitando quindi lo smaltimento finale in discarica

Per cominciare ad intuire quello che potrebbe essere il futuro prossimo della gestione dei rifiuti a Terni – e in Umbria – forse è il caso di mettere assieme due pezzi di questo puzzle che lentamente sembra cominciare a comporsi.

A cominciare dalle dichiarazioni rese nella giornata di ieri dall’ingegner Leonardo Carloni di Asm davanti alla seconda commissione regionale, che ha chiamato in audizione i gestori dell’impiantistica regionale per “approfondire la linea di intervento numero 26” del piano di rilancio e resilienza (in Recovery) dell’Umbria.

Carloni ha precisato di esprime una “sua posizione personale tecnica”, dicendo comunque di averla “più volte ribadita” e quindi di averla portata anche al tavolo della discussione di palazzo Cesaroni. E comunque, l’ingegnere di Asm ha sottolineato come “7/8mila tonnellate di Css, provenienti dalle nostre circa 20mila tonnellate di raccolta differenziata residuale del nostro impianto potrebbero andare ad un termovalorizzatore vicino (Acea di Terni) migliorando le caratteristiche delle emissioni e soprattutto abbattendo in maniera drastica le emissioni ed i costi dovuti al trasporto”.

Una proposta che non solo ha attirato le contestazioni delle opposizioni in consiglio regionale, con M5S, Pd e gruppo misto che hanno rimarcato il rischio che Terni torni ad essere il “camino unico dell’Umbria”, ma ha anche lasciato di sasso il presidente Asm, Mirko Menecali, che in audizione alla terza commissione consiliare del Comune di Terni è stato informato – e sorpreso - di quanto stava accadendo da Luca Simonetti (M5S).

Ora, tornando proprio alla “linea 26” del Pnrr dell’Umbria, uno dei punti della scheda parla proprio della realizzazione di un “nuovo polo impiantistico presso l’area ex Officine Bosco di Narni a seguito della dismissione dell’attuale impianto di selezione situato in località Maratta di Terni” e quindi del progetto di mettere in piedi “un nuovo impianto per la gestione, trattamento e valorizzazione dei rifiuti”.

“Attraverso la rifunzionalizzazione di un’area industriale dismessa – è illustrato nella scheda - l’impianto prevede il recupero di materia attraverso il trattamento meccanico e chimico fisico di rifiuti. La parte residuale del rifiuto indifferenziato (scarto non recuperabile) sarà avviato ad attività di recupero attraverso produzione di Css da valorizzare negli impianti industriali dedicati, evitando quindi lo smaltimento finale in discarica”.

La certezza del progetto è legata alla produzione di combustibile solido secondario, ma la scheda non fa cenno – almeno direttamente – rispetto a “dove” il Css potrebbe essere “valorizzato”, ossia bruciato.

L’impianto dovrebbe avere un costo stimato di 20 milioni di euro, ma un eventuale via libera alla termovalorizzazione degli scarti dell’immondizia dovrà essere sottoposta prima a valutazione di impatto ambientale per verificare “i possibili effetti sulla salute della popolazione interessata”. Questa la prescrizione che Regione e Usl Umbria 1 hanno imposto agli impianti industriali di Gubbio – cementifici – che avevano manifestato l’intenzione di bruciare centomila tonnellate di Css nei loro impianti. Per Terni dovrebbe valere la stessa cosa.

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