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Sangemini, i consumi di acqua minerale schizzano in alto ma la fabbrica è in crisi: appello al Mise

La Lega: nello stabilimento mancano le materie prime, il ministero dia risposte concrete. Grimani (Italia Viva): inutili le audizioni in commissione alla Camera, non c’è più tempo

L’economia e la politica si intrecciano dietro alla vertenza Sangemini. Prima i dati, che confermano come lo storico marchio di acque minerali – e gli altri che compongono la galassia che ruota attorno al gruppo Acque minerali d’Italia, Ami – sia dentro un vortice di crisi ormai strutturale. Poi i dibattiti che a cadenza quasi periodica vengono innescati dalle preoccupazioni dei lavoratori e trovano sponda tra i rappresentanti istituzionali.

Dopo l’allarme lanciato nelle scorse ore da Cgil, Cisl e Uil di settore e che mettevano in luce il “pressappochismo dell’azienda” e il rischio che gli stabilimenti di Sangemini e Amerino diventino una “polveriera”, sulla questione intervengono Lega e Italia Viva.

“Seppur nell’evidenza delle difficoltà che il tessuto economico locale sta attraversando in seguito alle disposizioni governative derivanti dall’emergenza sanitaria e alla conseguente rivoluzione dei consumi, non possiamo che sottolineare le nostre perplessità in merito all’efficacia delle misure strategiche messe in campo dal gruppo delle Acque minerali d’Italia per il rilancio del marchio Sangemini-Amerino”. Sono le parole dell’onorevole Barbara Saltamartini, presidente della commissione attività produttive alla Camera, e della senatrice Valeria Alessandrini della Lega.

“In base ai dati in nostro possesso, come evidenziato anche da importanti riviste del settore, la vendita di acqua minerale in Italia a marzo del 2020 ha fatto registrare un incremento superiore ai 20 punti percentuali rispetto ai volumi di marzo 2019. Dati che collidono con quanto più volte espresso dall’azienda in merito alla diminuzione del fatturato e che testimoniano evidenti difficoltà nel sostenere un’azione di marketing efficace di rilancio. Dalle notizie che ci giungono sembrerebbe che vi sia carenza di materiale essenziale all’interno degli stabilimenti, per consentire il regolare svolgimento dell’attività, come tappi, preforme, film avvolgi bottiglia, bancali per il sostegno del prodotto finito. A questo si aggiunge la mancata integrazione da parte di Inps della cassa integrazione per gli 86 lavoratori, promessa dal premier Conte entro il 15 aprile, ma non ancora corrisposta. La Lega e i suoi rappresentanti a tutti i livelli, è disposta a fare la sua parte nel percorso di valorizzazione di uno dei marchi storici del territorio, ma è la proprietà che deve dire con chiarezza quali progetti e piani aziendali intende mettere in campo. Consapevoli che quello della salvaguardia dei livelli occupazionali e produttivi rappresenta un obiettivo universalmente condiviso, presenteremo le nostre proposte per l’apertura di tavoli nazionali sulla vertenza, auspicando la piena partecipazione di tutti gli attori coinvolti ai tavoli territoriali già avviati e augurandoci che azienda e Mise diano finalmente risposte concrete per il bene dei lavoratori e di tutto il territorio”.

Di notizie che “non possono che destare enorme preoccupazione e sconcerto” parla invece il senatore Leonardo Grimani, esponente del partito di Renzi. “Non c’è dubbio che tutto il sistema produttivo italiano risenta, in questa fase, delle conseguenze negative legate all’emergenza epidemiologica Covid19, ma è altrettanto vero che la vertenza Sangemini non possa essere celata dietro all’emergenza e allontanata facendo leva sugli strumenti che il Governo ha messo in campo con il Decreto Cura Italia. Non è accettabile che la proprietà rinunci a trattare i problemi dello stabilimento di San Gemini come singola unità produttiva e si rifugi dietro l’intenzione di affrontare la vertenza globalmente come gruppo Ami. Il peso del marchio Sangemini, unitamente al valore aggiunto che può determinare sul mercato, merita un’attenzione particolare e non può essere liquidato in una generica trattativa globale avente ad oggetto tutto il gruppo Ami”.

Grimani punta dunque il dito contro i “proclami di convocazione della commissione attività produttive della Camera (presieduta appunto da Saltamartini, ndr) che non solo non ha alcuna competenza ma non potrebbe che effettuare soltanto audizioni che in questo momento non avrebbero alcun valore e non aiuterebbero a dare celerità alla risoluzione della vertenza”. Vertenza per laquale, sostiene invece Grimani, “ormai non c’è più tempo”. Quindi, le richieste del senatore sono due. “C’è un accordo sottoscritto nel 2018 da azienda, sindacati e Regione: la presidente e la giunta regionale battano un colpo se riescono e chiedano il perché del venir meno di quell’accordo. Venga quindi convocato un tavolo per trattare in modo chiaro e definitivo questo aspetto”. La seconda è quella “della convocazione di tutti i soggetti presso i Mise per un confronto immediato. L’emergenza Coronavirus ha determinato la concentrazione di tutti gli sforzi verso la soluzione dei problemi sanitari ed ancora oggi questa è una sfida in corso che dobbiamo a tutti i costi vincere in tutto il Paese, ma parallelamente non possiamo perdere tempo rispetto ai problemi di straordinaria rilevanza che riguardano lo stabilimento di San Germini che necessitano di una soluzione per salvaguardare i lavoratori e le famiglie”. 

“Sto seguendo con non poca preoccupazione la vicenda dei siti umbri del gruppo Acque minerali d’Italia. Le notizie che arrivano – commenta l’onorevole Raffaele Nevi, Forza Italia - parlano di una situazione molto tesa tra lavoratori e azienda. Il nostro territorio, come purtroppo molti altri nel resto del Paese, è provato dal punto di vista economico dal lockdown per arginare la diffusione del Covid19, quindi non può permettersi ulteriori criticità. Come Forza Italia auspichiamo che il Governo torni a convocare l’azienda al Mise, magari tramite conference call, affinché chiarisca le reali intenzioni per la salvaguardia occupazione dei siti stessi. Non si può perdere altro tempo”.

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