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Asilo Rataplan, la protesta dei genitori: “Orario tagliato, così non va. E il Covid è soltanto un pretesto”

Lettera di un gruppo di mamme e papà: delusi dal dover fare i conti con un servizio monco e non condividiamo la scelta di avere destinato soldi pubblici ai nidi privati piuttosto che all’offerta del servizio pubblico

Riceviamo e pubblichiamo una lettera firmata da un gruppo di genitori di bambine e bambini della scuola dell’infanzia comunale Rataplan di Terni, indirizzata alla dirigente istruzione e cultura del Comune di Terni, dottoressa Accardo, all’assessore alla scuola e servizi educativi, dottoressa Fabrizi e “alla stampa, perché questo è un tema che riguarda tutta la comunità cittadina”.

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Siamo un gruppo di genitori di bambine e bambini in procinto di iniziare il prossimo anno scolastico presso la scuola dell’infanzia comunale Rataplan.

Vi scriviamo per denunciare e rendere pubblica la nostra delusione nel costatare che anche quest’anno ci ritroviamo a dover fare i conti con un servizio monco. Si, perché a questo servizio comunale manca un pezzo: un prescuola e almeno un’ora e mezzo pomeridiana, esattamente come era alle origini.

Alcuni di noi sono new entry, hanno scelto consapevolmente la qualità che questo Sec si porta come bagaglio, in nome di un sacrificio, che sembra piccolo, ma vi assicuriamo che non lo è. Lo scorso anno abbiamo accettato questa situazione in un’ottica di collaborazione, vista la situazione di emergenza e di incapacità previsionale rispetto all’imminente stagione autunnale, ma alcuni di noi già annusavano l’avvio di politiche di dubbio interesse pubblico e, in sede di riunione, tentarono di avere garanzie sulla possibilità di ritornare al servizio precedente, ad un orario più completo per i bambini e le bambine, ma anche più equilibrato nella gestione della quotidianità di genitori che, spesse volte, sono genitori lavoratori.

Purtroppo riscontriamo poco interesse politico rispetto alla fascia 0-6, lo dimostra anche la vertenza che sta andando avanti tra il Comune ed il personale dipendente dei nidi comunali, vertenza che seguiamo con molta attenzione ed interesse, perché rivelatrice di intenti.

Crediamo, che a seguito della campagna vaccinale, che ha avuto una buona copertura nell’ambito scolastico e anche in quello più generale dell’intera comunità, il Comune avrebbe dovuto mostrare una volontà a ritornare agli orari pre emergenziali anche alla scuola dell’infanzia, proprio come è avvenuto nella sezione del nido in cui sappiamo bene che le famose “bolle” da quest’anno non sono più in essere. È quindi estremamente losco indicare, anche all’interno del sito istituzione del Comune, sotto la voce “scuole dell’infanzia”, che l’orario fino alle 14 è dovuto all’emergenza sanitaria.

Come mai questa non riguarda più i nidi?

Lo chiediamo anche per cercare di capire la scelta politica che questa amministrazione ha inteso fare nel più completo silenzio, complice anche il periodo buio da cui tentiamo tutti di uscire più forti di prima e senza lasciare nessuno indietro.

Ci riferiamo alla possibilità, da parte dell’utenza, di scegliere da quest’anno nidi privati convenzionati e non per soddisfare un eventuale eccesso di domanda, ma a prescindere dai posti pubblici occupati. E soprattutto lo stanziamento di una, seppur modesta, cifra (30mila euro) destinata a coprire parte della retta stessa, ossia il surplus rispetto alla quota che l’utente avrebbe dovuto pagare al nido comunale. Questa è una decisione che apre ad una prospettiva che non ci piace. I servizi all’infanzia devono essere e rimanere anche e soprattutto pubblici, devono poter accogliere ogni disponibilità economica presente nella società, devono permettere l’emancipazione e garantire, soprattutto alle donne, di poter lavorare senza necessariamente limitare la socializzazione dei loro bambini e bambine, senza, soprattutto, proseguire questa pratica tutta italiana di considerare i nonni un ammortizzatore in grado di supplire alle carenze e alle miopie della politica.

Tutto questo per dirvi che non siamo assenti. Le famiglie ternane, utenti dei Sec, ci sono, ascoltano, leggono e si fanno un’idea di quello che sta succedendo.

Tornando a noi, chiediamo che venga ripristinato il vecchio orario (7.45-15.30) perché, come tutto il resto, anche la scuola dell’infanzia comunale ha la possibilità di poter tornare a garantire il servizio pre-covid, esattamente come le scuole statali e lo stesso asilo nido non hanno mai smesso di fare, quest’ultimo garantendo sempre la copertura fino alle 17.30. Probabilmente perché servizio a pagamento.

Ne va del rispetto delle mamme donne lavoratrici che hanno già duramente pagato per questa emergenza, a causa di una società mal strutturata.

Ne va del rispetto dei nostri bambini e delle bambine, anche loro vittime facili di politiche miopi o assenti (la nostra città è una laguna di esempi di come l’infanzia non sia minimamente contemplata).

Lo chiediamo e lo pretendiamo, essendo in parte anche nostri quei 30mila euro che avete investito nella privatizzazione dei nidi, anziché nell’ampliamento del servizio comunale, sul quale non smetteremo di vigilare come comunità.

Speriamo di poter aprire un confronto che possa portare ad una soluzione che tenga conto dell’interesse cittadino, che è anche quello del bene e delle possibilità date ai soggetti non rappresentati in sede istituzionale e che invece andrebbero tutelati: bambini, bambine, ragazzi e ragazze di questa città sempre più assente all’ascolto.

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