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Narni celebra San Giovenale, monsignor Soddu: "Esempio per tutti anche nel nostro tempo"

Il vescovo alla messa in onore del santo: "Per noi è oggi, oltre che patrono, protettore, intercessore, modello fulgido che ha saputo incarnare nella propria vita il vangelo del Signore"

"San Giovenale è per noi oggi, oltre che patrono, protettore, intercessore, modello fulgido che ha saputo incarnare nella propria vita il vangelo del Signore; ha saputo essere di lui carne viva nel tempo in cui ha vissuto". Con queste parole monsignor Francesco Antonio Soddu ha celebrato la festa del santo patrono Giovenale. 

San Giovenale primo vescovo di Narni vissuto nel IV secolo, originario dell’Africa del nord, giovane medico, giunge a Roma, forse per sfuggire alle persecuzioni o per perfezionare gli studi. Per la sua pietà il papa San Damaso I lo ordinò vescovo di Narni nel 368. Giovenale svolse con amore e fedeltà il ministero, affidatogli da Gesù alla guida della comunità. Si pose ad evangelizzare, organizzando la vita civile e soprattutto ecclesiale.
Una presenza viva quella di San Giovenale, che con la sua predicazione divenne l’anima dell’intera città nei secoli difficili delle persecuzioni contro i cristiani. Ancora oggi la festa in suo onore si rinnova con la solennità che da sempre i narnesi riservano al loro santo patrono.

Alla celebrazione nella concattedrale di Narni erano presenti il sindaco Francesco De Rebotti, che ha donato l’olio e acceso la lampada davanti al busto di San Giovenale e recitato la preghiera al santo patrono, la presidente della provincia di Terni Laura Pernazza, il prefetto vicario di Terni Andrea Gambassi, il questore di Terni Bruno Failla, autorità civili e militari, i rappresentanti delle parrocchie del narnese che hanno offerto i ceri, i rappresentanti dei Terziari Fraporta, Mezule e Santa Maria.e del corteo storico della Corsa all’anello, i cavalieri e dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme e tanti fedeli narnesi. Hanno concelebrato il parroco don Sergio Rossini, il vicario generale della diocesi mons. Salvatore Ferdinandi, i canonici del capitolo della Concattedrale di Narni, i sacerdoti della vicaria di Narni. Ricordando la figura del santo patrono e primo vescovo di Narni, mons. Soddu ha sottolineato come: "San Giovenale è per noi oggi, oltre che patrono, protettore, intercessore, modello fulgido che ha saputo incarnare nella propria vita il vangelo del Signore; ha saputo essere di lui carne viva nel tempo in cui ha vissuto".

"Il vescovo Giovenale seppe mettere a frutto i medesimi insegnamenti di Paolo, primo fra tutti quello di vigilare su se stesso e sul gregge che gli era stato affidato - ha proseguito il presule -. Anche noi, qui presenti in questo tempo, apparteniamo a coloro che sono stati affrancati dal peccato e dalla morte mediante il sangue di Gesù. Tale è stato l’amore di Dio per noi, immenso, fino ad arrivare all’effusione del sangue del Figlio suo incarnato. E Giovenale, divenuto vescovo di questa città, non solo ha recepito tale insegnamento e raccolto tale eredità, ma ha anche compreso che dare la propria vita per questo medesimo motivo confermava il proprio essere pastore e lo incorporava visibilmente al Pastore per eccellenza".

"La vigilanza costituisce l’anima del nostro essere capaci di custodire il grande tesoro della vita totale che ci è stata data col battesimo. E san Giovenale ci esorta affinché ben consapevoli della nostra fragilità, proprio per questo motivo possiamo adoperare ogni precauzione al fine di ben salvaguardare la preziosità del contenuto. È come se san Giovenale avesse impresso sulla vita di ciascuno di noi l’iscrizione “Maneggiare con cura”, oppure “fragile”, così come si esprime san Paolo nel brano della seconda lettura: “Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta”; ma proprio per questo motivo siamo oltremodo esortati ed incoraggiati alla testimonianza affinchè appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. San Giovenale nostro insigne patrono, come Gesù, ha dato la vita per il gregge e quindi per noi. Il motivo fondamentale per cui il Signore offre la sua vita, lo abbiamo sentito, è per l’unità. L’unità significa non divisione, non contrapposizione e neanche lacerazione. Unità comporta dunque impegno, costanza e perseveranza. Per noi cristiani significa poggiare sul fondamento della nostra fede e quindi della nostra vita, che si motivano unicamente in Dio. Ogni altra motivazione è soggetta a derive che inevitabilmente portano alla disgregazione e alla frantumazione. L’unità di Dio è vincolata dallo Spirito Santo, spirito di amore e quindi di unità. Pertanto, adoperarsi per l’unità non potrà mai e in nessun modo esser messo in secondo ordine né tantomeno ridicolizzato da chicchessia. Adoperarsi per l’unità significa infatti mettere in campo tutte le forze per poter sempre di più essere conformi all’immagine di Dio, che in se stesso è appunto unità perfetta. Non fare questo, non prestare questa attenzione, significa mettersi in balia del divisore, cioè dal Maligno, e quindi sottoporsi inevitabilmente alla disgregazione. L’immagine che il mondo in questi giorni sta dando di se stesso ne è la prova più evidente. Ma questo vale per tutto: dal nostro essere personale ai rapporti interpersonali, familiari, parentali, parrocchiali, presbiterali, cittadini, nazionali. Tutto ciò, costituendo il nostro essere e la nostra sussistenza, è di estrema preziosità ed altrettanta fragilità; necessita pertanto di essere custodito e salvaguardato con estrema. Di questo spirito è stato animato il nostro santo patrono Giovenale; di questo Spirito abbiamo necessità di essere animati oggi nel nostro tempo, per la nostra città, per le nostre famiglie per il mondo del nostro tempo. Chiediamo al Signore che attraverso il nostro impegno possa instaurarsi ancora oggi l’unità della concordia tra le famiglie, nelle famiglie, tra le città, tra le nazioni, nel mondo intero. Nella misura in cui sentiamo la mancanza di qualcosa nella nostra esistenza, se sentiamo la carenza del senso della vita, cosa che talvolta può capitare come capita, abbiamo immediatamente la capacità di rivolgere subito la nostra attenzione al Signore, l’unico che può dar senso alla nostra esistenza: “il Signore è il mio pastore, non manco di nulla”.

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