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IL PUNTO | Orvieto, dopo le dimissioni del vice sindaco si stringe il cerchio della maggioranza attorno alla Tardani

Le dimissioni dell’ex vicesindaco Ranchino riportano l’attenzione del dibattito politico sulla tenuta della giunta Tardani, sempre più stretta dai partiti, e della governance della città

Le dimissioni dell’ormai ex vice sindaco di Orvieto, Angelo Ranchino, sembra siano state meditate a lungo dall’avvocato in quota Lega (ma non troppo). Nelle sue mani, oltre al titolo di “vicario” della sindaca Tardani, le deleghe fra le più pesanti: attività produttive e sviluppo economico, edilizia e urbanistica e patrimonio. Uomo di alta statura professionale e morale, di estrazione politica liberale, Ranchino ha sempre lavorato all’interno del cono d’ombra del palazzo comunale nonostante lo status gli avrebbe consentito ben altra visibilità.

Il senso delle dimissioni di Ranchino

Ma come dovrebbero essere lette le sue dimissioni? Secondo un’interpretazione che si sta facendo strada, un po’ perché l’avvocato orvietano non vuole rilasciare dichiarazioni, un po’ perché la stessa Tardani non ha chiarito in modo esaustivo il punto, potrebbero essere venuti al pettine una serie di malumori latenti, sopportati forse per troppo tempo, nella delicata gestione del bilancino dei poteri all’interno della maggioranza.

“La decisione personale di lasciare l’incarico che gli era stata assegnato è stata condivisa con il suo partito di riferimento”. Questa l’istantanea rilasciata dalla Tardani poche ore dopo l’addio di Ranchino che ha aggiunto, come a minimizzare il fatto, che per quanto la riguarda “questa decisione non stravolge gli equilibri politici determinati dalle scelte degli orvietani”. Insomma, una decisione personale che per la sindaca peserà poco o nulla sulla governance dei prossimi mesi di amministrazione.

Le ore successive alle dimissioni di Ranchino, hanno in realtà riattivato un meccanismo momentaneamente messo in standby all’indomani del trionfo del 2019 e del successivo conferimento delle deleghe assessorili. Già allora, il fiato sul collo dei partiti di maggioranza, in particolare quello più votato, aveva alzato il livello di nervosismo nei rapporti interni in equilibrio precario fra la scelta di dare risalto a personalità con curriculum importanti e l'obbligo, nei confronti dei partiti, di ridistribuire le poltrone dopo i risultati elettorali. E la presenza in giunta di Angelo Ranchino rappresentava proprio il punto di equilibrio, un cuscinetto decisivo, che avrebbe messo in sicurezza l’indipendenza di governo della Tardani rispetto alle richieste pressanti della maggioranza.

Lo scenario

Ora che sono saltati gli equilibri interni, e nonostante le parole rassicuranti e di circostanza della Tardani, la governance della sindaca dovrà fare i conti con i numeri del consiglio comunale e le dinamiche politiche che si sono innescate dopo il “sacrificio” di Ranchino. Proprio in questi ultimi giorni sono andate in scena delle mini consultazioni con i partiti di maggioranza, per decidere i passi da fare, i nomi da proporre fra i quali quello da focalizzare per stringere un accordo.

Per il momento la Tardani ha messo in sicurezza le deleghe riconsegnate da Ranchino, che si aggiungono alle tante sinora collezionate (personale, affari generali, cultura, turismo, marketing territoriale, politiche comunitarie, sanità e ambiente). Dalle continue interlocuzioni con gli apicali cittadini, provinciali e regionali del partito di Salvini, maggior azionista dell’attuale amministrazione comunale, arriverà probabilmente il cerchio da far quadrare all’interno del nuovo assetto di giunta.

Il nome che si sta facendo strada nelle ultime ore è quello di Andrea Sacripanti, attuale capogruppo della Lega in consiglio, “mister preferenze” alle comunali del 2019 e candidato della Lega al consiglio regionale per l’orvietano sempre nello stesso anno. Con molta probabilità, nonostante la rosa di nomi presentata dalla Tardani preveda altre personalità anche non legate a doppio filo ai partiti, la Lega concederà pochi margini di trattativa e punterà a riposizionare in giunta un nome che sia diretta affiliazione del partito. Una strategia che parte da lontano ma solo ora trova ora il suo compimento e che, forse, metterà a dura prova l’indipendenza politica della prima cittadina.

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