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Lunedì, 29 Aprile 2024
Economia

Manca il lavoro e pure chi lo fa: a Terni oltre 14mila potenziali assunti in meno nei prossimi dieci anni

La crisi demografica si abbatte anche sulla platea delle persone in età lavorativa: la situazione nella città dell’acciaio, il confronto con Perugia e con il resto d’Italia

Se già la situazione dell’economia ternana non è delle migliori (meno imprese, più disoccupazione soprattutto femminile come emerge dall’ultimo dossier elaborato dalla prefettura di Terni) il quadro rischia di assumere tinte fosche visto che fra dieci anni, oltre ad esserci sempre meno lavoro, diminuirà anche chi può essere assunto.

La previsione è stata elaborata dall’ufficio studi dell’associazione di artigiani e piccole imprese Cgia di Mestre sulla base di dati Istat e verte attorno a una delle tante possibili conseguenze della crisi demografica che si sta abbattendo sull’Italia e – in modo molto accentuato – sull’Umbria e su Terni. In linea generale, Cgia dice che “entro i prossimi 10 anni, la platea delle persone in età lavorativa (15-64 anni) presente in Italia è destinata a diminuire di 3 milioni di unità (-8,1 per cento). Se all’inizio del 2024 questa coorte demografica includeva poco meno di 37,5 milioni di unità, nel 2034 la stessa è destinata a scendere rovinosamente, arrestandosi a poco meno di 34,5 milioni di persone. Le ragioni di questo crollo vanno ricercate nel progressivo invecchiamento della popolazione: con sempre meno giovani e con tanti baby boomer (le persone nate fra gli anni 50 e 60) destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, molti territori subiranno un autentico spopolamento, anche di potenziali lavoratori, soprattutto nel Mezzogiorno”.

Una “desertificazione” generalizzata che avrà soltanto un’eccezione: “Tra le 107 province d’Italia monitorate - sottolinea l’ufficio studi della Cgia- solo quella di Prato registrerà in questi 10 anni una variazione assoluta positiva (+ 1.269 unità pari al +0,75 per cento). Tutte le altre 106, invece, presenteranno un saldo anticipato dal segno meno”.

Focalizzando la lente dell’analisi sull'Umbria, il dato che emerge è il seguente: a fronte delle oltre 525mila persone che oggi sono in età lavorativa, nel 2034 la riduzione sarà di 46.500 unità (478.779, -8,85% rispetto a una media nazionale dell’8,06%).

Stringendo ancora di più la lente, la situazione più complicata si evidenzierà a Terni. Oggi, la popolazione in età lavorativa è composta da 130.882 persone, fra dieci anni scenderà a 116.366, 14.456 in meno (-11,05%).

I numeri sono meno “gravi” a Perugia dove si passerà dalle attuali 394.457 persone in età lavorativa di oggi alle 362.413 del 2034 (-32.044 pari a -8,12%).

Riportando l’analisi sul resto dell’Italia, le contrazioni della popolazione in età lavorativa più importanti riguarderanno, in particolare, il sud. “Lo scenario più critico interesserà la Basilicata – dice Cgia - che entro il prossimo decennio subirà una riduzione di questa platea di persone del 14,6 per cento (-49.466 persone). Seguono la Sardegna con il -14,2 per cento (-110.999), la Sicilia con il -12,8 per cento ( 392.873), la Calabria con il -12,7 per cento (-147.979) e il Molise con il -12,7 per cento (-22.980). Per contro, le regioni meno interessate da questo fenomeno saranno la Lombardia con il -3,4 per cento (-218.678), il Trentino Alto Adige con il -3,1 per cento (-21.368) e, infine, l’Emilia Romagna con il -2,6 per cento (-71.665)”.

A livello provinciale, sarà Agrigento a registrare la recessione demografica della popolazione lavorativa più importante: -22,1 per cento pari, in termini assoluti, a -63.330 unità. Seguono Ascoli Piceno con -19,6 per cento (-26.970), Caltanissetta con -17,9 per cento (-28.262), Enna con -17,7 per cento (-17.170), anche Alessandria con -17,7 per cento (-48.621), Nuoro con il -17,6 per cento (-21.474), sud Sardegna con il -17,5 per cento (-35.662) e Oristano con il -16,9 per cento (-15.482). Tra i territori che, invece, sentiranno meno degli altri il calo demografico dei lavoratori attivi segnaliamo Milano con il -2 per cento (-41.493), Bologna con il -1,1 per cento (-6.928), Parma con il -0,3 per cento (-883) e, infine, Prato che, a differenza di tutte le altre province, presenterà un risultato anticipato dal segno più (+0,75 per cento pari a un valore assoluto di +1.269). “Il risultato positivo di Prato e di quelle province che hanno subito le contrazioni più contenute delle altre – rileva infine lo studio - è riconducibile al fatto che, tra le altre cose, queste realtà territoriali presentano un tasso della popolazione straniera su quella residente molto elevata, abbassando così l’età media e incidendo positivamente sulle nascite”.

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