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Pordenone-Ternana, tra hashtag e strapaese

I social media manager della Ternana anni Settanta erano gli ultras, ma anche i vitelloni da bar, che inventavano striscioni semplici e efficaci, tipo: “Ternani esultate, perugini crepate”.

Nell’era dei social, di Twitter e di Facebook, i tifosi di una squadra di calcio si misurano in followers. Nell’era dei social il Pordenone, anche se è in serie C, ha già messo la testa in serie A. Nell’era dei social la sconfitta del Pordenone in Coppa Italia a San Siro con l’Inter è passata alla storia grazie all’inventiva dei social media manager di questa piccola società.

Nell’era di strapaese era diverso. Era diversa l’Italia, era differente il calcio. Non c’erano gli hashtag, ma gli striscioni. Non c’erano i post, ma gli sfottò, ai quali talvolta seguiva pure qualche schiaffone, senza però che nessuno venisse bannato.

striscione-2Terni nel calcio di strapaese ci sta da un pezzo. E se Pordenone ironicamente, nei giorni della sfida con l’Inter scriveva su Twitter #maistatiinserieB (né l’Inter, né il Pordenone, seppure per opposti motivi…), la Ternana invece, nel calcio che conta c’è passata. Specie in quello degli anni Settanta, quando il “politicamente corretto” non si sapeva neanche cosa fosse. Ma c’era, appunto, lo spirito di strapaese. Quello per il quale, anche se auguravi la morte al tuo rivale, non commettevi un gesto di violenza. Il calcio era ancora bambino. E, si sa, tra bambini ci si può dire di tutto, anche le cose più cattive. Senza hashtag. Così, i social media manager della Ternana anni Settanta erano gli ultras, ma anche i vitelloni da bar, che inventavano striscioni semplici e efficaci, tipo (dopo la prima promozione in serie A): “Ternani esultate, perugini crepate”.

In curva poi era tutta una gara al lancio della maledizione più fantasiosa all’arbitro e all’avversario. D’altra parte nell’Appennino umbro-marchigiano salutarsi tra amici lanciandosi un “te pijasse un colpo” è una vecchia tradizione. Roba comunque che se venisse riportata oggi sui social, si rischierebbe di finire sulla prima pagina (anzi sull’homepage) di un giornale mainstream, additati come razzisti della peggior specie. E invece no, senza hashtag l’ironia di paese e di provincia, anche quella triviale si sfogava sugli striscioni. Come dimenticare il celeberrimo “Fere, picchia e pampepato”, che riassumeva meglio di qualsiasi trattato di sociologia la weltanshaung, la visione del mondo dei ternani? Certo, negli anni ‘80 e ‘90 ci furono degli scivoloni, quando strapaese già declinava e la società s’inacidiva. Nelle trasferte al Curi furono esposti striscioni triviali e talmente offensivi che solo a ricordarli oggi qui si rischierebbero querele. Anche se poi, in fondo, l’intento era sempre goliardico. Nessun post su Facebook, e nessun Twit d’altra parte, potrebbero rendere quel che accadde a Perugia quando nella curva ospite venne srotolato un enorme pezzo di stoffa rosa che avrebbe potuto ambire all’inserimento nel guinness dei primati come la rappresentazione fallica più grande del mondo.

Insomma, ognuno ha i suoi hashtag. Noi preferiamo il social di strapaese e lo sfottò senza schermi, pur sapendo che il calcio romantico probabilmente vive ancora nei cuori di pochi. A Pordenone, nel settore ospiti, sogniamo di rivedere i vecchi stendardi, ma è impossibile, perché non passerebbero al vaglio della Questura, e non solo perché non sono ignifughi. Perciò, in mancanza di meglio ci adeguiamo e lanciamo l’hashtag #Pordenonecepesalupicchiu, sicuri che non avrà successo, perché lo capiamo solo noi. Viva il calcio di strapaese, dove i tifosi di una squadra di calcio si misurano dalla loro capacità di sfottere gli avversari.

Questo pezzo è dedicato a un amico che non c’è più, Giorgio “Acerbis”, tifoso della Lazio e dei vecchi spalti, che avrebbe chiesto, come sempre il permesso di pubblicarlo sulla sua rivista, in ricordo dei vecchi tempi.

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