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Cronaca

Coca, soldi falsi e pistole: da Milano a Terni per comprare un chilo di neve, poi scappa col malloppo

Compravendita di sostanza stupefacente per circa 45mila euro, ma le banconote sono un bluff. Gli spacciatori “rapiscono” il procacciatore dell’affare ma vengono scoperti dalla polizia

Una storia degna di un “poliziottesco” anni ’70 e un processo da rifare per scoprire la verità giudiziaria che si nasconde dietro ad uno smercio di cocaina fra Milano, Terni e Civitanova Marche.

L’intreccio è piuttosto articolato, ma gli elementi degni di cronaca ci sono tutti: cocaina, tanta, soldi falsi, pistole e sequestri. La vicenda comincia il 5 marzo del 2017 quando un cittadino africano arriva alla stazione di Terni. Il suo è un viaggio d’affari: deve comprare una consistente partita di droga su mandato – si scoprirà più avanti – di una fantomatica donna di Milano. Ad aspettarlo alla stazione della città dell’acciaio c’è un suo conoscente, anch’egli africano. È il “gancio” attraverso il quale il cittadino africano è entrato in contatto con due cugini macedoni che dovrebbero fornirgli lo stupefacente.

Dopo i primi contatti, si mettono d’accordo per lo scambio: soldi, 45mila euro, in cambio di un chilo di neve. Il passaggio avverrà tre giorni dopo, l’8 marzo. In questo giorno, la gang si sposta da Terni a Civitanova Marche. È in un appartamento della cittadina marchigiana che si trova la droga. Arrivano, avviene il passaggio della merce ma poi l’africano dice che vuole far analizzare la sostanza in un laboratorio di Terni. Quindi, si torna in città, ovviamente seguendo una serie di accortezze, tra cui quella di spostarsi con mezzi diversi (una Mercedes e un furgone) così da evitare eventuali controlli.

Una volta a Terni, dove l’africano dice di avere lasciato il malloppo, avviene anche lo scambio dei soldi: il compratore consegna le mazzette sigillate all’interlocutore che, a sua volta, le porta ad uno dei due cugini macedoni. L’africano, invece di andare nel presunto laboratorio, prende un treno per Roma, scende alla stazione Tiburtina e da qui sale su un autobus che lo riporta a Milano. E quando è ormai troppo lontano, i venditori scoprono che le mazzette contengono soltanto fogli bianchi. Una truffa.

A fare le spese del raggiro è il “procacciatore” dell’affare che, secondo quanto ricostruito dai magistrati, viene caricato a forza sulla vettura e riportato a Civitanova Marche dove, sotto la minaccia di una pistola, viene tenuto sotto sequestro dai cugini macedoni che gli chiedono di rintracciare il compratore e di fargli portare indietro la droga oppure i soldi. Ma quelli buoni.

Il senegalese a questo punto riesce ad inviare messaggi scritti e vocali ad un altro suo conoscente che, attraverso la compagna, allerta la polizia di Terni. Scatta l’operazione coordinata fra Terni e Civitanova, gli investigatori arrivano all’appartamento “prigione” e restituiscono la libertà al senegalese.

In primo grado, i cugini dell’est europeo vengono condannati a 18 anni di reclusione, ma la pena viene ridotta in appello a 5 anni e 10 mesi di reclusione e una multa da 40mila euro perché il reato di sequestro di persone viene modificato in estorsione aggravata.

La terza sezione penale della Corte di cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado, rimandando gli atti alla Corte di appello di Firenze per un nuovo giudizio e per chiarire cosa sia effettivamente avvenuto in quei giorni.  

   

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