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Cronaca

“Costituiti”, allarme al carcere di Terni: così le mafie allungano le mani sulla città dell’acciaio

Dopo le violenze e le proteste delle ultime settimane, fari puntati sul fenomeno dei detenuti che “scelgono” Sabbione per pentirsi e che poi finiscono nei regimi a sorveglianza speciale

Violenze, proteste, aggressioni. E “costituiti”. Il carcere di Terni è stato nelle ultime settimane al centro della cronaca e la recente visita del numero uno dell’amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia, ha in qualche modo segnato una “svolta” rispetto ai momenti difficili vissuti dietro le sbarre di Sabbione. Il trasferimento dei detenuti più “pericolosi” e l’impegno a rimpolpare l’organico della polizia penitenziaria – composta ad oggi da circa 200 agenti – sono state però soltanto alcune delle questioni affrontate durante quell’incontro.

A margine del confronto è stato infatti posto il tema dei cosiddetti “costituiti”, ossia quelle persone che “scelgono” Terni per cominciare a regolare i conti con la giustizia. Puntando, in particolare, il faro dell’attenzione su criminali che arrivano da consorterie e organizzazioni mafiosi. E che dunque potrebbero rappresentare un “pericolo” per la città.

La casa circondariale di vocabolo Sabbione ospita attualmente circa 500 detenuti a fronte di una capienza regolamentare fissata in 409 unità. Il tasso di affollamento viene dunque calcolato in circa il 120%. I detenuti “definitivi” sono 212 mentre quelli ristretti in regime di 41bis (il cosiddetto “carcere duro” per i mafiosi) sono 26. Tra le 15 sezioni del penitenziario ci sono poi i reparti ad alta sicurezza As1 - che non accoglie nessun detenuto - As2 (12) e As3 (263). Gli stranieri sono in tutto un centinaio (circa il 20% del totale).

Figure “eccellenti” del panorama criminale nazionale ed internazionale hanno “soggiornato” a Sabbione: Bernardo Provenzano, Raffaele Cutolo, Antonio Campana, ritenuto a capo della nuova Sacra Corona Unita, il boss della camorra Pasquale Sibillo, l’ex terrorista nero Gilberto Cavallini o ancora i presunti leader del movimento anarchico Alfredo Cospito e Juan Antonio Sorroche Fernandez.

Il timore è che un afflusso costante di criminali riconducibili a determinate organizzazioni possa essere più che un semplice “caso”. E che dietro la scelta di Sabbione ci possano essere altri motivi. Come ad esempio tenere in piedi dei canali di comunicazione tra il mondo fuori e quello dietro le sbarre. Che i “costituiti” possano insomma veicolare dei messaggi per i boss. Ma anche che un incremento di questo particolare tipo di popolazione carceraria possa in qualche modo favorire l’insediamento sul territorio di chi è legato a certi personaggi.

Nel recente passato, ad esempio, l’Ugl aveva rilevato i rischi che potrebbero derivare dalla “contaminazione del territorio” e dal “turismo carcerario” oltre alle conseguenze che tutto questo genera su tutte le forze dell’ordine e sulla polizia penitenziaria che “con personale esiguo si occupa con ottimi risultati anche dell’attività di polizia giudiziaria”.   

Alcuni mesi addietro, proprio all’interno della casa circondariale di Sabbione, è stata bloccata una lettera di un esponente della ‘ndrangheta (la cosca Pesce di Rosarno) ristretto in regime di 41bis e diretta ad un suo cugino detenuto in alta sorveglianza 3 “in ragione del tenore criptico dello scritto” definito “poco chiaro e dunque idoneo a veicolare messaggi tra esponenti della stessa organizzazione mafiosa”.

Segnali che confermano come il carcere potrebbe – involontariamente – trasformarsi in un “amplificatore” delle mafie sulla città.

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