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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

Furti nelle gioiellerie, presa la banda del buco: sotto sequestro oro e denaro contante

Otto indagati per un colpo da 800mila euro messo a segno a Roma: nei guai anche un sessantenne che, con la stessa tecnica, aveva svaligiato una attività a Terni | DETTAGLI e VIDEO

Nel curriculum di uno dei presunti ladri arrestati dai carabinieri per il colpo messo a segno lo scorso 3 ottobre in una gioielleria in via Bocca di Leone a Roma c’è anche un furto commesso in una gioielleria a Terni nel 2006. Due anni prima – secondo gli inquirenti – il 65enne romano aveva usato la fiamma ossidrica per svaligiare una villa a Porto Cervo e ancora, nel 2016 e nel 2020, una serie di appartamenti nella Capitale. Un professionista, finito in carcere assieme ad altri due fratelli romani di 57 e 55 anni, il primo esperto nel settore delle serrature e già noto perché coinvolto in analoghe indagini e il secondo incensurato, insospettabile.

L’indagine dei militari della stazione di Roma San Lorenzo in Lucina è durata alcuni mesi, a partire dal giorno in cui è stato messo a segno il colpo: ricostruendo i movimenti dei ladri attraverso le immagini riprese dai sistemi di videosorveglianza della zona (il cosiddetto pedinamento tecnologico) gli inquirenti – coordinati dalla procura della Repubblica della Capitale – hanno “piazzato” il blitz (preceduto da almeno cinque sopralluoghi notturni) tra le una e le quattro del mattino dello scorso 3 ottobre. Come riporta l’agenzia di stampa LaPresse, il furto è stato portato a termine mediante l’accesso nel corridoio dell’androne condominiale della palazzina sita al civico 43, confinante con l’oreficeria, da parte di persone che hanno praticato prima un grosso foro nel muro e poi, mediante l’utilizzo della fiamma ossidrica e senza accedere nella gioielleria, hanno tagliato l’armadio blindato, situato in corrispondenza della parete forata, e la cassaforte contenuta all’interno. Una tecnica articolata, che ha fruttato un bottino stimato in circa 800mila euro.

All’individuazione degli indagati si è giunti attraverso la visione certosina dei filmati e dei relativi fermo immagine che hanno consentito di ricavare elementi importanti e particolari, nonché attraverso la consultazione delle banca dati e alla comparazione dei cartellini foto-segnaletici di oltre 150 soggetti con precedenti, già registrati quali autori di delitti dello stesso tipo. L’analisi dei tabulati e le indagini tecniche, tra le quali attività tecniche e l’utilizzo di alcuni apparecchi localizzatori GPS installati sulle autovetture degli indagati, ha consentito di delineare un quadro investigativo tale da consentire di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dei tre uomini.

Nel corso delle indagini, la procura della Repubblica di Roma ha disposto 13 decreti di perquisizioni locali e personali che hanno consentito il rinvenimento di numerosi gioielli – circa 400, per un valore stimato prossimo a 120mila euro - in parte provento del furto oggetto di indagine e in parte riconducibili ad altri furti per i quali sono in corso accertamenti. Nella stessa circostanza sono stati rinvenuti una ingente e sofisticata strumentazione tecnica di alto livello, chiavi rudimentali autocostruite e diverse centinaia di chiavi da duplicare, attrezzatura idonea alla fedele riproduzione di qualsiasi tipo di chiave cilindro europeo incluso, fiamme ossidriche, “piedi di porco”, endoscopio auricolare WIFI (ossia una telecamera di piccole dimensioni utilizzata per ispezionare l’interno delle serrature), 15mila euro in contanti, ventose di grosse dimensioni idonee a trasportare pesanti lastre di cristallo e parte dell’abbigliamento indossato durante i sopralluoghi e il furto nella gioielleria di via Bocca di Leone.

I carabinieri hanno inoltre raccolto elementi in relazione a una donna, finita in carcere, perché gravemente indiziata di ricettazione e riciclaggio: nello specifico, avrebbe sostituito monili provenienti dal furto alla gioielleria, cui non aveva concorso, con denaro contante, in maniera da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa degli stessi. In particolare, la donna avrebbe stipulato polizza di pegno aventi ad oggetto i monili con attività di compro oro, ricevendo denaro contante. Sotto la lente anche il ruolo di altre quattro persone, due uomini e due donne, raggiunte dall’obbligo di presentazione in caserma, indiziate di essere ricettatori, perché al fine di profitto acquistavano o comunque ricevevano nella consapevolezza della provenienza delittuosa, monili provenienti dal furto alla gioielleria di via Bocca di Leone, cui non avevano concorso.

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