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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Rivolta in carcere a Terni, ad accendere la scintilla è stato un secchio di vernice “negato”

Incendiata e devastata la sezione H della struttura penitenziaria di vocabolo Sabbione. Una cinquantina i detenuti coinvolti, diversi agenti feriti in ospedale. La rabbia dei sindacati della polizia penitenziaria

La scintilla che ha innescato la domenica di fuoco nel carcere di terni sarebbe stato un secchio di vernice “negato”. Dal rifiuto di un agente della polizia penitenziaria nei confronti di un detenuto che voleva pitturare la sua cella sarebbe scaturita la rivolta che ha coinvolto una cinquantina di detenuti che si sarebbero impossessati di una delle quindici sezioni in cui è divisa la casa circondariale di vocabolo Sabbione, incendiandola e dandole fuoco.

Teatro dei fatti è la sezione H della struttura penitenziaria, in cui si trovano i reclusi in regime di media sicurezza. “Un detenuto avrebbe voluto un secchio di vernice per pitturarsi la cella ma, al comprensibile rifiuto del poliziotto, lo ha aggredito con violenza, istigando gli altri detenuti alla protesta violenza”. A ricostruire i fatti è Fabrizio Bonino, segretario nazionale umbro del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe). “I ristretti, italiani e stranieri – continua Bonino - hanno dato fuoco alle cose detenute in cella ed hanno distrutto completamente la sezione. Questo ha determinato una situazione di allarme che ha coinvolto tutti i colleghi, anche quelli di congedo e riposo, che sono accorsi a dare manforte ai colleghi in servizio. Anche i detenuti di un’altra sezione – la M – hanno iniziato a protestare perché il fumo derivato dalle fiamme accese dai ristretti della Sezione H li stava investendo. Due poliziotti penitenziari sono al pronto soccorso ed altri dieci sono già stati refertati per colluttazione e inalazione del fumo dei materiali incendiati. Ora è del tutto evidente che devono essere trasferiti tutti i detenuti della sezione H, quella devastata”.

“Solo grazie all’intervento degli agenti di turno e di quelli richiamati in servizio, a cui va la nostra gratitudine – spiega Roberto Esposito, segretario nazionale del Sarap, richiamato in servizio proprio per fare fronte all’emergenza - è stato riportato l’ordine e la sicurezza nell’istituto. “A seguito della rivolta – prosegue Esposito - risultano feriti diversi agenti, alcuni sono stati trasportati al nosocomio locale riscontrando traumi e contusioni”.

Secondo i dati raccolti dall'associazione Antigone, il carcere di Terni al 30 settembre scorso ospitava 517 detenuti (di cui 127 stranieri) a fronte di una capienza massima di 416. Quindici le sezioni in cui è suddivisa la struttura - che accoglie anche il cosiddetto “carcere duro” - e nella quale lo scorso anno si sono verificati 11 aggressioni ai danni del personale. All’interno sono effettivamente presenti 206 agenti di polizia penitenziaria rispetto ad una dotazione organica prevista di 241.

“Oggi, tutto questo è accentuato anche dalla carenza di personale che non è un problema annunciato, ma una situazione endemica, un grave problema che né la politica né il Parlamento vogliono affrontare, lasciando la polizia penitenziaria a lavorare solo ed esclusivamente in deroga a qualsiasi norma pattuita, per l’assenza di protocolli specifici per affrontare queste situazioni. Infatti si è in attesa del nuovo regolamento di servizio che doveva essere discusso nel 2019 e ad oggi ancora non vede luce. È lapalissiano che il Dap – prosegue Esposito - lavora solo ed esclusivamente in funzione della popolazione carceraria, ponendo la polizia penitenziaria come il surrogato di dirigenti che non indossano la nostra divisa, in primis il capo del Dap. Per questo continueremo a chiedere a voce alta di restituire la polizia penitenziaria nelle mani della polizia penitenziaria”.

“Si tratta di eventi già ampiamente preannunciati dal Sappe per la mancanza di personale e di una struttura inadeguata alla vita penitenziaria: ormai si tratta di una sezione inagibile sotto ogni profilo, chiediamo un sopralluogo tecnico da parte del Prap e una visita ispettiva da parte della Asl per valutarne l’idoneità sotto il profilo dell’igiene e della sicurezza dei luoghi di lavoro”.

“Basta! Anche questa è una rivolta assurda ma annunciata – tuona Donato Capece, segretario generale del Sappe - A questo hanno portato questi anni di ipergarantismo nelle carceri, dove ai detenuti è stato praticamente permesso di auto gestirsi con provvedimenti scellerati ‘a pioggia’ come la vigilanza dinamica e il regime aperto, con detenuti fuori dalle celle pressoché tutto il giorno a non fare nulla nei corridoi delle sezioni. E queste sono anche le conseguenze di una politica penitenziaria che invece di punire, sia sotto il profilo disciplinare che penale, i detenuti violenti, non assume severi provvedimenti. Ormai picchiare un poliziotto in carcere senza subire alcuna conseguenza è diventato quasi uno sport nazionale, nella indifferenza della politica e dei vertici dell’amministrazione penitenziaria”.

“Il personale di polizia penitenziaria non ha ancora ricevuto i previsti guanti anti-taglio, caschi, scudi, kit antisommossa e sfollagente promessi dal capo del Dap Renoldi – denuncia ancora Capece - La situazione delle carceri umbre e italiane, per adulti e minori, è sempre più allarmante per il continuo ripetersi di gravi episodi critici e violenti che vedono sempre più coinvolti gli uomini e le donne appartenenti al corpo di polizia penitenziaria. Donne e uomini che svolgono servizio nelle sezioni detentive senza alcuno strumento utile a garantire la loro incolumità fisica dalle continue aggressioni dei detenuti più violenti. Il taser potrebbe essere lo strumento utile per eccellenza (anche perché di ogni detenuto è possibile sapere le condizioni fisiche e mediche prima di poter usare la pistola ad impulsi elettrici) ma i vertici del ministero della giustizia e del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria fanno solo chiacchiere e la polizia penitenziaria continua a restarne sprovvisto”.

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