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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Strangola la moglie davanti al figlioletto di appena otto mesi, rinchiuso nel carcere di Terni

Emilio Lavoretano è stato trasferito da Santa Maria Capua Vetere a Sabbione dopo avere denunciato le violenze nel carcere campano. Deve scontare 27 anni di reclusione

Era il pomeriggio del 20 luglio 2013, fra le 18 e le 19 quando i soccorsi trovano il corpo senza vita di Katia Tondi, 31 anni, madre di un bimbo di appena otto mesi e moglie di Emilio Lavoretano. Strangolata con un cordino sottile. Attorno a lei la casa in cui viveva a San Tammaro, nel Casertano, era stata messa a soqquadro: i gioielli, compresa la sua fede nuziale, erano spariti. Ma i soldi in contanti non erano stati toccati.

Per quel delitto, la Corte d’assise d’appello di Napoli ha confermato la condanna di primo grado nei confronti di Lavoretano: 27 anni di cella, nonostante il marito si sia sempre proclamato innocente. “Mentre mia moglie veniva uccisa, ero al supermercato a fare la spesa”, dirà nel corso dei processi, portando come prova lo scontrino che dimostra che in un orario compatibile con l’omicidio non si trovava in casa.

Le perizie dell’accusa hanno però collocato il delitto in un orario compatibile con la presenza nell’appartamento dell’uomo che – secondo la procura – avrebbe strangolato la moglie davanti al figlioletto di appena otto mesi, per poi cercare di costruirsi un alibi.

Rinchiuso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, Lavoretano nelle scorse ore è stato trasferito nella casa circondariale di vocabolo Sabbione a Terni. L’ex gommista fa parte degli oltre quaranta detenuti che sono stati trasferiti per motivi di sicurezza in altri penitenziari al di fuori della Campania dopo gli episodi di violenza che si sono consumati nell’aprile del 2020 nel carcere campano.

Lavoretano sarebbe infatti tra le vittime di episodi atroci commessi dagli agenti di polizia penitenziaria pur non avendo partecipato alle sommosse che scatenarono la violenza che colpì – come ricostruito dall’inchiesta della procura della Repubblica sammaritana - anche i detenuti che non avevano protestato. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, a Lavoretano fu chiesto di inginocchiarsi, dopo essere stato denudato e messo faccia al muro, nonostante portasse il busto per il mal di schiena. Non potendolo fare, lo avrebbero trascinato e schiaffeggiato, facendolo camminare lungo il corridoio, appellandolo come “femminella che tiene il mal di schiena”.

Coinvolto dunque nell’inchiesta, il trasferimento da Santa Maria a Terni sarebbe stato deciso a sua tutela e per motivi di sicurezza come per gli altri reclusi che sono stati trasferiti in 23 istituti penitenziari fuori dalla Campania.

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