Reddito di cittadinanza, patto per il lavoro per oltre 22mila umbri. Ma solo otto su cento hanno un contratto
A Terni i nuclei famigliari che ricevono il sussidio sono più di 4.600, la relazione di Anpal: il 61 per cento dei soggetti ha un alto rischio di maturare una disoccupazione di lunga durata
Che il reddito di cittadinanza abbia tenuto a galla milioni di famiglie che altrimenti sarebbero precipitate nel baratro della povertà, questo è un dato di fatto. La misura di sostegno avrebbe però dovuto svolgere anche un’altra funzione, ossia accompagnare chi è senza lavoro all’occupazione. E allora, in attesa che il Governo introduca lo strumento che andrà a sostituire l’Rdc – che da questo 2023 verrà erogato per soli sette mesi alle persone con età compresa fra 18 e 59 anni considerate “occupabili – la domanda è legittima: obiettivo raggiunto?
I numeri possono aiutare ad orientarsi. Anzitutto, Nel 2022 i nuclei familiari beneficiari di almeno una mensilità di RdC o di pensione di cittadinanza (PdC) in Umbria sono stati 15.602, per un totale di 31.145 persone coinvolte e un importo medio di 498 euro. L’anno prima le famiglie erano quasi duemila in più (17.397), con quasi 36mila persone coinvolte (35.971, circa quattromila in più) e un importo medio che in realtà non si discostava molto da quello dell’anno scorso e pari a 501 euro: c’è stato quindi un calo complessivo che supera il 13 per cento.
A Terni i nuclei familiari che percepiscono il reddito di cittadinanza sono 4.620 su un totale 5.249 complessivi.
L’ultima nota di Anpal, Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, è andata a scandagliare la situazione rispetto ai beneficiari Rdc soggetti al patto per il lavoro.
Guardando i numeri nel dettaglio, il dossier di Anpal spiega che in Umbria i beneficiari di Rdc indirizzati ai servizi per il lavoro sono - al 31 dicembre 2022 - 22.033: di questi 304 sono esonerati dalla sottoscrizione del patto per il lavoro, 22 sono stati rinviati ai servizi sociali dei comuni, 1.766 sono i beneficiari occupati, 6.119 sono i beneficiari soggetti al patto per il lavoro e 13.822 sono i soggetti per cui la domanda è terminata, annullata o decaduta.
Di fatto, dunque, sono solo otto su cento i beneficiari che possono contare su un contratto, declinato in tutte le sue forme, dal precariato in su. Dei 1.766 soggetti beneficiari che risultano occupati, le donne sono 974 e gli uomini 792. Complessivamente, gli italiani sono 1.042 e gli stranieri 724. Per quanto riguarda le forme contrattuali, i tempi indeterminati o gli apprendistati sono 1.098, i tempi determinati 491, le collaborazioni 76, i contratti in somministrazione 81.
In relazione alla platea dei beneficiari soggetti al patto per il lavoro ma non occupati, il numero complessivo in Umbria ammonta a 6.119 unità: si tratta di 4.382 italiani e 1.737 stranieri. Le donne sono 3.605 e gli uomini 2.514. La fascia di età più rappresentata è quella fra 30 e 39 anni (1.581), gli over 29 sono 1.549, poi ci sono 1.327 fra 50 e 59 anni, 915 fra 40 e 49 e 747 over 60.
Sul totale del beneficiari di Rdc soggetti al patto per il lavoro e presi in carico dai servizi per l’impiego, in Umbria oltre 61% ha un alto rischio di diventare un disoccupato di lunga durata, poco più del 34% ha un rischio medio e solo il 4% ha un rischio basso.
Il dossier di Anpal non si focalizza – ovviamente – soltanto sull’Umbria, ma allarga la lente dell’osservazione a tutta l’Italia. Fornendo così una serie di elementi e considerazioni che forse dovrebbero far riflettere in vista della programmazione – e della sempre più stringente necessità – di introdurre nuovi strumenti, non solo di sostegno al reddito ma anche e soprattutto di accompagnamento al mondo del lavoro.
Se, ad esempio, a dicembre 2022, “quasi sei beneficiari Rdc occupati su dieci risultano avere un rapporto di lavoro permanente, con incidenze particolarmente elevate tra la componente straniera (70,2%) e la componente femminile, che risulta avere un contratto a tempo indeterminato o apprendistato nel 63% dei casi” scrive l’Agenzia nella nota “sono gli under 30, invece, a registrare percentuali più elevate di lavoro regolamentate da contratti a tempo determinato (41,4%) o altri contratti (10,5%)”.
“Inoltre, tra chi ha un rapporto di lavoro a tempo determinato (32,6% del totale degli occupati), solo
il 16% ha un contratto di durata superiore ai 12 mesi; valore comunque in aumento rispetto a quanto
rilevato a dicembre dell’anno 2021, quando il valore era pari al 13,9% degli occupati. Poco più di un terzo ha invece un rapporto di lavoro con durata compresa tra i 6 e i 12 mesi (39,5%), mentre il
24,5% ha un contratto con durata compresa tra i 3 e i 6 mesi (una quota invariata rispetto a dicembre dell’anno precedente). Infine, il 15,9% ha una durata contrattuale inferiore ai 3 mesi (in diminuzione rispetto all’anno precedente quando il valore si assestava al 23%”.
Ma forse l’elemento che più stride con le motivazioni che hanno portato alla nascita del reddito di cittadinanza è questo: “L’occupazione che interessa i beneficiari – rileva Anpal - si attesta su profili professionali sostanzialmente poco qualificati e che richiedono bassi livelli di competenza (…). Quasi il 94% dei beneficiari occupati, con una leggera prevalenza tra gli uomini, svolge attività per
cui sono richieste competenze basse e medio-basse e solo il 5% dei percettori Rdc occupati agisce
competenze professionali di livello medio-alto o alto (rispettivamente 3% e 2%)”.
Per questo, “si osserva che i beneficiari lontani al mercato del lavoro crescono (a livello nazionale, ma anche regionale e locale, ndr) sia in valori assoluti, di oltre 57mila unità, sia come quota percentuale: sui 660mila soggetti al patto per il lavoro del primo semestre, infatti, i lontani dal mercato del lavoro rappresentavano il 72,8% (…). Per la maggior parte della platea analizzata, la lontananza dal mercato si combina con un basso livello di istruzione. Quasi il 71% di tutti i beneficiari soggetti al patto per il lavoro, infatti, ha conseguito al più un titolo di istruzione secondaria inferiore. Solo il 2,9% presenta titoli di livello terziario, mentre il 26,4% ha conseguito un diploma di scuola secondaria superiore”.
Insomma, non è mancato il sostegno economico. Ma tutto il resto, probabilmente, si è fatto quanto meno desiderare.