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Economia

Reddito di cittadinanza, a Terni un sostegno (solo) per sette disoccupati su cento

I conti di Ires-Cgil: assegno medio da 494 euro (più alto di Perugia) riconosciuto a oltre 2.500 nuclei famigliari. Bravi: impatto molto limitato, c’è bisogno di perfezionare questo strumento

Poco più del 7 per cento di chi – nella fascia d’età tra 15 e 64 anni – nel 2018 a Terni era senza lavoro e non ha presentato una dichiarazione dei redditi, riceve l’assegno per il reddito di cittadinanza. A fare i conti in tasca allo strumento di sostegno è la Cgil attraverso il suo centro studi Ires e il patronato Inca. “È evidente - ha osservato Mario Bravi, presidente dell’Ires Cgil Umbria - che l’impatto dello strumento per la nostra regione è molto limitato”.

Il reddito di cittadinanza (dati Inps) è stato concesso in Umbria a 8.888 nuclei, per un totale di 21.450 persone. L’assegno medio mensile erogato corrisponde a 488,20 euro. Nelle due province la situazione è la seguente: nel Perugino lo strumento tocca 6.235 nuclei per un complesso di 15.751 persone, con un assegno medio erogato pari a 485, 80 euro. Nel Ternano, i nuclei interessati sono 2.563 (per un complesso di 5.699 persone” e l’assegno medio erogato è di 494,08 euro.

L’analisi ha riguardato anche le pensioni di cittadinanza. In provincia di Perugia sono state erogate a 938 nuclei, per un totale di 1.085 persone, con un importo medio pari a 221,42 euro. Per quanto riguarda invece la Provincia di Terni, le pensioni erogate riguardano 351 nuclei per un complesso di 419 persone e con un importo medio mensile di 206 euro.

Ires ha poi elaborato – per tutti i comuni umbri – il dato che si riferisce al totale delle richieste accolte, avendo come riferimento i disoccupati tra i 15 e i 64 anni che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi. La media nazionale di tale indicatore è pari 6,02%, a Terni questa cifra si attesta al 7,03% ed è il dato più alto della provincia. Quello più basso appartiene ad Avigliano (1,511%).

A livello regionale, si va dall’8,5% di Valtopina, ad appena l’1% di Lisciano Niccone. Tra i comuni con il dato più alto e sopra la media nazionale – oltre a Terni - si trovano oltre a Valtopina, Preci, Fossato di Vico, Nocera Umbra e Foligno. Perugia si attesta al 5,7%. “Questi dati dimostrano che c’è bisogno di rivedere e perfezionare lo strumento - ha aggiunto Bravi - sia nell’ottica di una risposta alla grande questione della povertà, che in Umbria è in costante aumento, sia a quella del lavoro”.

Discorso simile anche per un altro provvedimento molto atteso: quota 100. “In Umbria - ha spiegato Anna Rita Manuali, coordinatrice dell’Inca Cgil regionale - le domande presentate al 6 settembre 2019 sono state 2.520, di cui 1.954 in provincia di Perugia e 566 in quella di Terni. Ma la previsione iniziale era molto più alta: oltre 4.000 domande a livello regionale. Tra l’altro, si conferma la forte penalizzazione per le donne, visto che solo il 25% delle domande presentate riguarda le lavoratrici”. Ergo, secondo l’Inca e la Cgil, il provvedimento va rivisto, introducendo maggiore flessibilità e tenendo in considerazione il lavoro femminile e i lavori gravosi e discontinui che rendono molto difficile il raggiungimento della contribuzione necessaria (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne).

“Tuttavia - ha precisato Manuali - non vorremmo che si butti via il bambino con l’acqua sporca, infatti, sulla base di quota 100 sono stati già sottoscritti accordi tra aziende e lavoratori per la fuoriuscita anticipata, appoggiandosi alla Naspi. Una eventuale cancellazione del provvedimento tout court produrrebbe quindi un nuovo caso esodati, cosa che va assolutamente evitata”. 

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