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Caro bollette, le nuove regole: cosa cambia a Terni e come funzionano i controlli

Firmato dal ministro della transizione ecologica il decreto per i limiti agli impianti di riscaldamento. Terni inserita in zona D: termosifoni accesi dall’8 novembre al 7 aprile, temperature giù di un grado

Le nuove regole sono ormai note. Termosifoni in casa e al lavoro accesi per meno ore e temperature sensibilmente ridotte per cercare di contenere i consumi di gas e tenere a bada la galoppata dei costi. Enea stima che il rispetto delle nuove regole dovrebbe garantire un risparmio di oltre 2 miliardi di metri cubi di gas, mentre Altroconsumo ritiene che ridurre di un grado la temperatura dei termosifoni in casa potrebbe portare ad un taglio di circa 130 euro/anno sulla bolletta.

Per applicare in maniera coerente le nuove disposizioni, l’Italia è stata suddivisa in zone, dalla A alla F, a seconda dell’intensità con cui le regole vengono applicate. In linea generale, il decreto firmato dal ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani - da applicare per la prossima stagione invernale come previsto dal Piano di riduzione dei consumi di gas naturale – prevede la riduzione di un’ora del periodo di accensione degli impianti e accorcia di 15 giorni il periodo di funzionamento, posticipando di 8 giorni la data di inizio e anticipando di 7 la data di fine esercizio. Inoltre, i valori di temperatura dell’aria sono ridotti di un grado. In particolare, le temperature per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili scendono a 17 gradi (con una tolleranza di +/-2 gradi) e a 19 per tutti gli altri edifici (con la stessa tolleranza).

“In presenza di situazioni climatiche particolarmente severe – spiega il Mite - le autorità comunali, con proprio provvedimento motivato, possono autorizzare l’accensione degli impianti termici alimentati a gas anche al di fuori dei periodi indicati al decreto, purché per una durata giornaliera ridotta”.

Le riduzioni hanno delle esenzioni. In particolare, non si applicano agli edifici adibiti a luoghi di cura, scuole materne e asili nido, piscine, saune e assimilabili e agli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e simili per i quali le autorità comunali abbiano già concesso deroghe ai limiti di temperatura dell’aria, oltre che agli edifici che sono dotati di impianti alimentati prevalentemente a energie rinnovabili.

Terni è inserita nella zona D (Perugia e il suo territorio sono in zona F, dove non è prevista nessuna limitazione). La zona D prevede 11 ore giornaliere di esercizio dall’8 novembre al 7 aprile. In previsione di questo provvedimento, il Comune di Terni ha già stabilito di “stralciare” dall’eventuale ordinanza antismog la parte relativa a stufe e caminetti domestici che, quest’inverno, potranno dunque essere accesi senza limitazioni.

Ora, il problema si sposta un po’ più avanti. Ossia, a chi spetta controllare che tutto questo venga rispettato?

Il decreto ministeriale prevede - articolo 2 - una serie di controlli che sono eseguiti “dall’autorità competente (...) in occasione delle ispezioni effettuate (...) o dalle autorità definite dalla corrispondente legge regionale o delle province autonome”.

La normativa di riferimento è il Dpr 74 del 16 aprile 2013 e - più nello specifico dell’Umbria - le “Disposizioni regionali per la gestione degli impianti termici”.

Si parte da ciò che prevede il Dpr: “Le autorità competenti effettuano gli accertamenti e le ispezioni necessari all’osservanza delle norme relative al contenimento dei consumi di energia nell’esercizio e manutenzione degli impianti termici, in un quadro di azioni che promuova la tutela degli interessi degli utenti e dei consumatori, ivi comprese informazione, sensibilizzazione ed assistenza all’utenza”. Quindi, non solo multe.

C’è di più. Perché non tutti gli impianti sono soggetti ad ispezioni che si effettuano “su impianti di climatizzazione invernale di potenza termica utile nominale non minore di 10 kW e di climatizzazione estiva di potenza termica utile nominale non minore di 12 kW. Per avere un termine di riferimento: un appartamento di 100 metri quadrati ha una potenza termica di circa 30kW. Le disposizioni regionali prevedono inoltre che “sono esclusi dall’attività di controllo i “sistemi dedicati esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unità immobiliari ad uso residenziale ed assimilate” ma anche “stufe, caminetti, apparecchi di riscaldamento localizzato ad energia radiante. Tali apparecchi però, se fissi e non alimentati da combustibile liquido/solido rinnovabile, sono tuttavia assimilati agli impianti termici e quindi soggetti a controllo, quando la somma delle potenze nominali del focolare degli apparecchi al servizio della singola unità immobiliare è maggiore o uguale a 5 kW”.

Quindi, almeno sulla carta, una eventuale ispezione da parte di un tecnico abilitato non avverrebbe soltanto per verificare il rispetto del decreto ma anche – e soprattutto – per avere “una valutazione di efficienza energetica del generatore, una stima del suo corretto dimensionamento rispetto al fabbisogno energetico per la climatizzazione invernale ed estiva dell’edificio, in riferimento al progetto dell’impianto, se disponibile, e una consulenza sui possibili interventi atti a migliorare il rendimento energetico dell’impianto in modo economicamente conveniente”.

Difficile insomma immaginare dei “blitz” da parte dei tecnici della caldaia che, con termometro alla mano, verifichino se il calorifero del salotto è alla temperatura corretta. E comunque, articolo 11, comma 9 del regolamento regionale: “Nessuna somma di denaro deve essere consegnata a qualsiasi titolo all’ispettore”.

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