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Stadio-clinica, non è detta l’ultima parola. La Regione: “No a un percorso unico, ecco cosa si può fare”

I paletti di Palazzo Donini al piano della Ternana calcio: “L’autorizzazione alla realizzazione della struttura sanitaria può passare dal Comune di Terni, si al riequilibrio territoriale”

Più che un no, quello uscito dalla conferenza dei servizi di ieri è un “ni”. Che, d’altra parte, era già nell’aria. Il progetto per la realizzazione del nuovo stadio Liberati e di una clinica (convenzionata) con il servizio sanitario regionale – presentato dalla Ternana calcio – non sembrerebbe trovarsi insomma di fronte ad una porta sbarrata. Chiusa, sì, ma con qualche piccolo spiraglio.

“Visto anche il parere richiesto e reso dal professor avvocato Renato Balduzzi, ordinario di diritto costituzionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano”, spiega una nota diffusa dalla Regione Umbria dopo la riunione tecnica di ieri, è stato “espresso un assenso alla realizzazione dello stadio ma non a quello della clinica, considerata l’impossibilità giuridica di procedere, relativamente alla tipologia di percorso unico che era stato avanzato dal proponente privato e recepito dal Comune di Terni”.

E questo, in parte, si sapeva. Palazzo Donini motiva così la decisione: “La disciplina legislativa vigente, infatti, distingue nella richiesta avanzata quattro specie di attività: la costruzione di una struttura sanitaria, l’esercizio di attività sanitarie, l’esercizio di attività sanitarie per conto del servizio sanitario nazionale e l’esercizio di attività sanitarie a carico del servizio stesso. Per ognuna di queste è prevista, come detto, una apposita procedura, vale a dire: l’autorizzazione alla realizzazione, l’autorizzazione all’esercizio, l’accreditamento istituzionale, l’accordo contrattuale. Per tale motivo si è rilevata l’impossibilità di pervenire all’approvazione integrale, per quanto attiene alle competenze dell’ente Regione, del progetto così come presentato dal proponente”.

Il pacchetto completo non può insomma essere accolto. Ma: “L’autorizzazione per la realizzazione della struttura può comunque divenire oggetto di specifico atto da parte del Comune di Terni, che si è reso disponibile in sede di conferenza dei servizi e che dovrà acquisire il parere da parte della Regione, che si esprimerà sulla base dei fabbisogni della specifica localizzazione territoriale in cui si intende realizzare la struttura, con l’obiettivo di garantire un’omogenea distribuzione dell’offerta sanitaria”.

Il Comune di Terni può lanciare un’ancora di salvataggio al progetto stadio-clinica, spiegando che il territorio di quella struttura convenzionata, ne avrebbe bisogno. Anche se questo non significherebbe avere in automatico “l’autorizzazione all’esercizio di attività sanitaria, che non può essere valutata sulla base di una documentazione progettuale, né per il procedimento di accreditamento, che fonde insieme una valutazione politico-amministrativa con una valutazione di discrezionalità tecnica”. Passaggi che avverrebbero soltanto dopo la realizzazione della clinica.

Da mettere in piedi, è l’apertura della Regione, sulla base di un impegno. “L’assenso solo parziale espresso dalla conferenza è ovviamente in merito alla procedura unificata che era stata richiesta. Rimane impregiudicato, da parte della Regione – sottolinea Palazzo Donini - la possibilità di assenso a prevedere la sola realizzazione della clinica, ma nell’ambito di una nuova programmazione sanitaria, mentre la previsione delle tre fasi successive saranno oggetto di valutazione da parte degli organi a ciò deputati mano a mano che il richiedente realizzerà quanto richiesto, in un’ottica di equilibrio territoriale che punti sui migliori livelli di complementarità, come da volontà già espressa recentemente e che sarà formalizzato appena possibile in una apposito atto”.

Se insomma Bandecchi e soci vogliono portarsi avanti con il lavoro, margini per costruire la clinica, e lo stadio, ci potrebbero anche stare. Questo perché “in ottica di programmazione sanitaria, il governo regionale intende effettuare una ricognizione generale dei bisogni di salute e mobilità passiva e con essa rivedere le convenzioni in essere al fine di fornire servizi di qualità evitando l’emorragia di utenti verso le strutture extra regionali territorialmente limitrofe. In tal senso come detto, verrà intrapreso un percorso tecnico amministrativo entro tempi ragionevolmente brevi”.

Non è detta l’ultima parola. Anche se fino ad ora – soprattutto - non è stata detta quella che qualcuno avrebbe voluto sentirsi dire.

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