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Comincia la nuova era del Briccialdi. Ma la sfida adesso si chiama “autonomia”

Gli effetti della statalizzazione sull’istituto musicale ternano che conta circa 250 studenti e 47 docenti. La presidente Pellegrini: non vorremmo ritrovarci fra tre anni con il rischio di diventare una sede distaccata di una struttura più grande

La “sfida” del Briccialdi non è ancora conclusa. Anzi, la notizia della statalizzazione arrivata un paio di giorni fa è, paradossalmente, l’inizio di un nuovo percorso: “Noi riteniamo vitale che Terni conservi la sua autonomia. Per fare questo, bisogna che arriviamo alla data del 2024 curando i punti di forza dell’istituto per quanto riguarda i rapporti con territorio e le istituzioni anche in ottica sopra-regionale. Questo richiede una progettazione lungimirante e condivisa con l’amministrazione cittadina e regionale”.

In alto i calici ma coi ben piantati a terra: “Siamo un conservatorio di taglia medio-piccola, in una regione piccola. Vorremmo evitare di trovarsi fra tre anni a sentirci dire che per l’Umbria due conservatori sono troppi e quindi Terni diventa sede distaccata del Morlacchi”. Questo la legge delega del 1998 che prevedeva la statalizzazione degli istituti parificati – che ha poi trovato finanziamento solo nel 2017 – parlava anche di un processo di razionalizzazione: economie di scala, efficienza, risparmi.

E quindi, la conferenza stampa attraverso la quale l’istituto musicale ternano ha ufficializzato la notizia della statalizzazione arrivata nella tarda serata di mercoledì scorso, è stata anche occasione per allungare il punto di vista temporale e guardare al futuro prossimo.

“Un grande capitolo della nostra storia si è concluso – spiega il direttore, Marco Gatti - Oggi c’è una breve fase transitoria di attuazione delle burocrazie e poi, dando fondo a creatività e responsabilità, ci aspetta il prossimo segmento per poter rilasciare il nuovo istituto”.

Ad oggi, l’istituto superiore di studi musicali di Terni conta circa 250 studenti da tutta Italia, un corpo docente formato da 47 unità – fra docenti di ruolo, contratti a tempo determinato e collaboratori – oltre al personale tecnico amministrativo. Dipendenti e collaboratori passeranno in carico alla ragioneria dello Stato, sgravando il bilancio del Briccialdi di una consistente voce di spesa e assicurando al conservatorio cittadino la sopravvivenza che invece nel corso degli anni ha destato più di una preoccupazione.

“Ci sono stati anni di buio totale – ricorda la presidente, Letizia Pellegrini - Tra il 2017 e il 2019 la statizzazione sembrava un miraggio. Mi ero ripromessa che, o storta o morta, ce l’avrei fatta. E oggi, ce l’abbiamo fatta. Il Briccialdi non è la Apple ma sappiamo bene cosa significa essere affamati e folli”. Quella della statalizzazione è “una vittoria della città e per la città” costruita “avendo sempre in primo piano l’attenzione e la preparazione degli studenti che le famiglie ci affidano”.

“Quando ci sono i successi – dice il sindaco di Terni, Leonardo Latini - tutti tendono a rivendicarli, per gli insuccessi si cerca un colpevole unico. Questa tappa di oggi è una vittoria della città e per la città a cui molti hanno contribuito”.

“So bene dove ho trovato orecchie sensibili e sordità profonda – gli fa eco la presidente Pellegrini - C’è qualcuno a cui non piace affatto questo successo del Briccialdi”.

Ora c’è però da cominciare a scrivere la seconda parte della storia, il Briccialdi 2.0. “Questi primi tre anni – spiega Pellegrini - saranno di prova: solo nel 2024 ci sarà una conferma, ma potremmo anche essere accorpati come sede distaccata ad altri conservatori”.

Per evitare questo, è “indispensabile pensare Terni più grande. Dobbiamo lasciarci contagiare dal virus del concorso e della collaborazione. Il Briccialdi deve essere pensato e non ripescato all’improvviso, deve essere una componente viva e forte della nostra realtà cittadina”. Ma deve anche allargare – probabilmente – i suoi orizzonti proprio in quell’ottica “sopra-regionale” cui la presidente ha fatto accenno. E magari “ribaltare” la situazione, passando dal rischio di essere sede distaccata a sede centrale. Chissà, forse anche guardando verso “l’alto Lazio”. E comunque, senza dimenticare di essere un “istituto solido e di alto profilo”.

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