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Cronaca

Sesso in chat con minorenni, condannato l'ex parroco di San Feliciano

Cinque anni per don Vincenzo Esposito accusato di prostituzione minorile. Il sacerdote è ancora al centro dell'indagine ecclesiastica

Cinque anni di reclusione per don Vincenzo Esposito, ex parroco di San Feliciano, accusato di sfruttamento della prostituzione minorile per uno scambio di denaro e immagini a sfondo sessuale con alcuni minorenni siciliani. Il Tribunale di Termini Imerese ha riconosciuto anche il risarcimento dei danni nei confronti delle famiglie dei minori vittime dei reati, assistite dagli avvocati Francesco Paolo Sanfilippo, Giuseppe Canzone e Caterina Intile.

Il sacerdote era stato arrestato nell’agosto del 2021 insieme con una donna con l’accusa di aver fatto prostituire il figlio, minorenne, in chat, e un sacerdote per aver pagato per assistere alle esibizioni a sfondo sessuale del ragazzo.

La donna, palermitana di 51 anni, era stata messa ai domiciliari. Il sacerdote, don Vincenzo Esposito, originario di Caltavuturo in provincia di Palermo, esercitava il suo ministero nella parrocchia di San Feliciano di Magione, in provincia di Perugia. Era stato portato in carcere a Spoleto, poi gli erano stati concessi i domiciliari, con braccialetto elettronico, in una struttura per religiosi con problemi psicologici e comportamentali. Attualmente il sacerdote si trova agli arresti domiciliari in Sicilia.

Secondo quanto raccolto dai carabinieri di Termini Imerese e scritto dal gip Fabio Pilato nell’ordinanza di arresto, il sacerdote avrebbe agito con un “perverso modus operandi” pagando la donna e assistendo alle videochiamate, in “totale spregio dei principi di etica e di religiosità che dovrebbero ispirare il suo comportamento” e il ruolo che riveste nella società e nella chiesa.

Sempre secondo gli investigatori il sacerdote non sarebbe nuovo “a pratiche sessuali illecite”, poste in essere attraverso “sistematiche modalità di consumazione” e avanzate con “pervicacia” e “insistenza”, chiedendo sempre “dietro la prospettazione di una ricompensa economica conseguita al soddisfacimento degli istinti perversi”. Per pagare le prestazioni sessuali con i minorenni, l’indagine potrebbe estendersi quindi ad altri episodi con la partecipazione di altri minori, il sacerdote avrebbe utilizzato anche i soldi delle offerte dei fedeli.

Per il gip Pilato il parroco avrebbe intrattenuto “rapporti ... con i soggetti minori coinvolti nelle sue trame” approfittando “delle umili origini e della situazione di bisogno”, e sfruttando “un gioco psicologico di dipendenza, ed anche di affetto” con questi ragazzi fragili per situazioni familiari, di povertà o solitudine. Il parroco avrebbe posto in essere una “sequenza criminale, costituita dalle richieste di prestazioni sessuali, essenzialmente incentrate su filmati e videochat, in cambio della dazione di danaro”.

Nell’ordinanza d’arresto il gip riporta una telefonata tra il sacerdote e il giovane. Il primo si dice soddisfatto di quanto ha visto, ma che ne vorrebbe un altro, di video, di “identico contenuto”, ma nel quale si veda anche il volto del giovane “al momento dell'orgasmo”. Al giovane che chiedeva altri soldi, il prete avrebbe risposto che “già in passato gli aveva mandato dei soldi”, ma che poi il ragazzo non aveva mantenuto quanto detto, non facendo un altro video.

Il sacerdote è difeso dall’avvocato Renato Vazzana, mentre la donna, sul ruolo della quale si indaga ancora, è assistita dall’avvocato Giuseppe Minà.

Nella sua difesa è stata ricordata la decennale missione pastorale e di non aver mai chiesto ai ragazzi di fare le videochiamate, ma che erano gli stessi a farle, dietro corresponsione di piccole somme di denaro che il sacerdote ha sempre detto di aver elargito per aiutare le famiglie.

Il sacerdote dovrà anche affrontare l’indagine della commissione ecclesiastica vaticana e un eventuale procedimento del Tribunale ecclesiastico regionale che potrebbe portare, dopo la sospensione dal sacerdozio, anche alla riduzione allo stato laicale.

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