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Maltrattamenti all'asilo, maestra condannata a un anno e mezzo con il patteggiamento

Il giudice ha disposto la sospensione della pena. Nel corso dell'interrogatorio la donna si era scusata

Un anno e mezzo di reclusione con il patteggiamento e pena sospesa. È la condanna inflitta dal giudice per l’udienza preliminare a una maestra d’asilo accusata di maltrattamenti nei confronti dei piccoli che doveva accudire.

La maestra e titolare dell’asilo di Corciano, difesa dagli avvocati Nicodemo Gentile e Daica Rometta, indagata per presunte violenza sui bambini nella struttura “Giamburrasca”, ha risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari sulle accuse di aver forzato nel mangiare, sculacciato, insultato e spinto alcuni bambini.

Nel corso del suo interrogatorio la donna si era scusata, dicendosi pentita, per alcuni comportamenti e parole dure, ma sempre senza la volontà “di umiliare o vessare i bambini”. I difensori dell’indagata avevano sottolineato che nelle risposte la loro assistita ha voluto far capire che l’asilo non era “un lager né un covo dell’orrore, ma una struttura che sin dal 2003 ha ricevuto riconoscimenti per le attività svolte”.

Secondo l’accusa la maestra avrebbe preso a schiaffi i bambini, li avrebbe tirati per le orecchie, costretti a mangiare fino a rischiare di strozzarsi (in questo caso nei confronti di una bambina con spettro autistico). I piccoli sarebbero stati chiusi nel dormitorio senza vigilanza per oltre un’ora e lasciati al buio da soli.

In più occasioni avrebbe urlato “frasi volgari, parolacce, soprattutto se stranieri e anche contro i genitori assenti”. Una educatrice, che con la sua denuncia ha fatto scattare le indagini, riferisce di “modi indelicati e irruenti, e tali comportamenti erano rivolti soprattutto verso quei bambini che avevano maggiori problematiche e difficoltà, per cui non erano in alcun modo in grado di raccontare ai propri genitori quanto accaduto in asilo”.

Ad un bambino avrebbe detto: “Brutto sei, bruttissimo, muoviti a fare la pipì, non ti do più una costruzione, mai più te la do”, oppure “non mi metti paura freghino, qui comando io e tu non sei a casa tua” e ancora, come risulta dalle intercettazioni “guarda che non ti do più da mangiare”, costringendo il piccolo a piegarsi fino a “strisciare a terra”.

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