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“Camere di commercio, club per soli uomini: caso umbro emblematico, ma non è il solo”

Presenza femminile nelle giunte camerali, il dossier Mediacom043: ecco la situazione. Castellini: specchio di arretratezza culturale e dei gravi ritardi che il sistema Italia presenta sulla scena europea

“Il caso umbro è emblematico perché, benché l’Umbria presenti una percentuale di donne in giunta camerale da bassa classifica, non è il solo e neppure il peggiore. L’apice, infatti, lo raggiunge la Camera di commercio della Basilicata, dove tra 5 componenti del consiglio camerale, compreso il presidente, non c’è neppure una donna. Poi, nella lista nera, ci sono Bari (11 componenti, una sola donna, percentuale ‘rosa’ 9,1%), Milano-Monza Brianza-Lodi (9,1%), Riviere di Liguria (9,1%), Salerno (10%), Caserta (10%), Molise (11,1%)”.

Dopo che la consigliera di parità della Regione Umbria, Monica Paparelli, insieme alle consigliere di parità della Provincia di Perugia, Giuliana Astarita, e di quella di Terni, Maria Teresa di Lernia, hanno annunciato di voler portare il caso dell’elezione della nuova giunta della Camera di commercio dell’Umbria (dove è stata eletta una sola donna su 8 componenti, comprendendo anche il presidente) al tavolo nazionale delle consigliere di parità e su quello del ministro del lavoro, Andrea Orlando, l’agenzia di stampa Mediacom043 - diretta da Giuseppe Castelini - ha analizzato la situazione della presenza femminile nelle altre Camere di commercio d’Italia.

“Non perché non sia stata rispettata la normativa che per le giunte camerali prevede sia presente almeno un esponente per ciascun sesso – precisa Castellini - ma perché si metta mano a un’iniziativa normativa che riequilibri in tutta Italia una situazione di evidente discriminazione delle donne”.

Dal dossier di Mediacom043 emerge dunque che ci sono solo tre presidenti donna (appena il 6,1%) sulle 49 giunte delle Camere di commercio italiane post-riforma che hanno finora costituito i nuovi organi (Giunte, Consigli, Presidenti). E sono solo 75 – il 19% - le donne presenti nelle giunte camerali, l’organo esecutivo che insieme al presidente detiene il vero potere nelle Camere di commercio. Inoltre, solo otto Camere di commercio su 49 hanno, nelle giunte camerali, una presenza femminile uguale o superiore al 30%. Va meglio nei consigli camerali (la percentuale delle donne qui è il 26,9%), “ma i consigli – rileva Mediacom - hanno un potere limitato, di indirizzo, tanto che in molti degli enti camerali durante il mandato ci sono dimissioni (cosa che non accade affatto nelle giunte)”.

Ci sono poi una serie di Camere di commercio al 12,5% di presenza femminile nelle giunte camerali (oltre all’Umbria, Verona, Venezia Rovigo, Firenze, Sud-Est Sicilia, Biella-Vercelli-Novara-Verbano Cusio Ossola, Torino, Cuneo, Alessandria-Asti, Marche, Como-Lecco, Bergamo, Genova, Roma, Frosinone-Latina).

Quota femminile sotto il 20% anche a Palermo-Enna (14,35), Venezia Giulia (14,3%, Bologna (14,3%), Napoli (14,3%), Valdostana (16,7%), Sassari (16,7%), Reggio Calabria (16,7%), Cosenza (16,7%), Gran Sasso d’Italia (16,7%), Chieti-Pescara (18,2%). La Camera di commercio ‘Romagna’ è al 20%.

Le migliori, ossia quelle in cui il divario gender è più basso, sono invece Sondrio (dove la presenza femminile è addirittura maggioritaria - 60% - peraltro con una presidente donna), Brescia (50%), Nuoro (37,5%, Varese (37,5%), Pordenone-Udine (37,5%), Cagliari-Oristano (37,5%). Sopra il 30% di quota femminile nelle giunte camerali anche Pistoia-Prato (33,3%), e Trento (33,3%).

In sintesi, le Camere di commercio con una quota di donne uguale o superiore al 30% nelle giunte camerali sono solo 8 su 49.

Per quanto riguarda i consigli camerali, le “dieci situazioni peggiori in termini di gender” sono appannaggio delle Camere di commercio di Reggio Calabria (donne appena il 10,5%), Sud-Est-Sicilia (11,1%), Salerno (15,2%), Molise (15,4%), Sassari (15,8%), Foggia (16%), Genova (16%), Roma (16%), Bologna (16%) e Bari (17,1%).

Le dieci situazioni migliori, invece, nelle Camere di commercio di Modena (donne al 48%), Biella-Vercelli-Novara-Verbano Cusio Ossola (42,4%), Brescia (40%), Pistoia-Prato (37%), Cosenza (36,4%), Arezzo-Siena (36,4%), Vicenza (36%), Trento (35,4%), Maremma e del Tirreno (34,6%). Al 32% troviamo Bergamo, Varese, Marche, Cuneo, Torino e Padova.

“Le Camere di commercio italiane – commenta Castellini – dovrebbero essere la punta avanzata della società italiana, un elemento di modernità e innovazione economica e sociale. Invece, dai dati che presentiamo, in media sono un privè per soli uomini o quasi, lo specchio di arretratezza culturale e dei gravi ritardi che il sistema Italia presenta sulla scena europea (e internazionale), con le note conseguenze. Se la parte che dovrebbe essere più avanzata è in questo stato – continua Castellini – sorgono seri dubbi sul fatto che, a meno di un deciso cambio di rotta – il sistema imprenditoriale italiano sia in grado di cogliere fino in fondo la grande sfida di rilancio e innovazione offerta dal Recovery Fund – Next Generation Ue. E dire che le Camere di commercio, un giorno sì e l’altro pure, si riempiono la bocca con ‘imprese femminili’, salvo poi restare un privé per soli uomini. Così non si fa tanta strada e si compromette il futuro del Paese, dopo aver – almeno in parte – compromesso il suo passato e il suo presente. Stadi fatto che, dopo la legge Golfo-Mosca, si assiste a un crescente divario – anche di efficacia/efficienza e di risultati – tra le Società quotate in Borsa e la gran parte delle altre imprese italiane. Per non parlare dell’arretratezza che dai questi dati emerge sul fronte della qualità delle associazioni di rappresentanza”.

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