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La valigia dell’attore, intervista a Federico Rosati

Dall’esordio con Paz! a Il cobra non è, passando per il cult Shooting Silvio: “Mi interessa molto restituire ad un personaggio la fragilità, tutti siamo fragili come il cristallo e basta un nonnulla per mandarci in frantumi”

In questa puntata Elettra intervista un attore che ha esordito nel 2002 con Paz! di Renato De Maria; nel 2007 è protagonista del film Shooting Silvio, in cui interpreta un giovane che decide di uccidere Berlusconi. Di recente ha attirato l’attenzione della stampa specializzata per le particolari caratterizzazioni in due recenti film indipendenti, diventati dei casi cinematografici: Youtopia di Berardo Carboni e Sex Cowboys di Adriano Giotti, film questo di cui parlammo qualche puntata fa. Trasformista e dotato di una tecnica recitativa molto particolare, Federico Rosati – nato a Pescara ma con base a Roma, classe ’75 – prossimamente sarà protagonista del film Il cobra non è, opera prima di Mauro Russo al momento in fase di post-produzione.

GUARDA - Il trailer di Shooting Silvio

Allora Federico, parlaci un po’ del film di prossima uscita Il cobra non è. Com’è il tuo personaggio?

federico rosati-2Del film in uscita dirò poco, perché è uno dei rari casi di film attesi ma con un bel silenzio stampa che è riuscito a restare tale, svelarlo sarebbe un peccato. Posso dirti che interpreto il manager di un rapper in declino, interpretato da Gianluca Di Gennaro, persona dolcissima e attore di rara umanità, già ammirato in Gomorra 2. Poi ci sarà Elisa, non “di Rivombrosa” bensì la famosa cantante, poi ancora Max Pezzali, Clementino e Tonino Carotone con il quale è nata una bella sintonia. Il regista Mauro Russo viene dai videoclip, è un autodidatta dalle sorprendenti doti visive e sono molto felice che mi abbia scelto.

Youtopia e Sex Cowboys sono diventati due casi cinematografici, parlaci della tua esperienza coi registi Carboni e Giotti.

Carboni e Giotti sono due registi molto diversi tra loro, ma con una cosa in comune: una grande attenzione nella costruzione dei personaggi e nel lavoro con gli attori. Carboni è un regista che prepara maniacalmente ogni cosa e può fare anche 30 o 40 ciak. Quando girai con lui Shooting Silvio riuscivamo a fare buona la prima, massimo la seconda, ma lì il tempo, visto il budget, era tiranno, mentre per Youtopia abbiamo potuto fare le cose con più calma e più mezzi. Un’altra cosa in comune che hanno i due registi è che, conoscendomi personalmente, mi hanno lasciato libero di costruire il personaggio, o almeno l’ossatura iniziale, lavorare sui tic, sulla voce, sul modo di parlare...

Nei due film infatti colpisce la personale caratterizzazione sui personaggi. Quali tecniche usi, se ne usi?

Parlare di tecniche, che pure uso, mi pare riduttivo; diciamo che ho la mia valigia d’attore piena degli insegnamenti e delle cose che ho studiato e che continuo a studiare. Posso dirti che il metodo che preferisco tra gli altri è il metodo Stanislavskij, ma in realtà credo che tutto mi venga suggerito dalla vita, dalle persone che incontro; credo che un attore debba sviluppare una capacità di osservazione più alta rispetto alle altre persone.

C’è un attore (o più) in particolare a cui ti ispiri?

Sono tanti gli attori a cui mi ispiro, da Brando a De Niro passando per Volontè; forse il mio preferito è John Cazale, il Fredo de Il Padrino: ancora studio le sue pause, le sue fragilità. Mi interessa molto restituire ad un personaggio la fragilità, tutti siamo fragili come il cristallo e basta un nonnulla per mandarci in frantumi.

Hai esordito come protagonista del discusso Shooting Silvio. Cosa ha rappresentato quel film per te?

Molti guai… (Ride) Ma lo rifarei cento volte. Il film fu girato in pieno “regime” berlusconiano e in Italia capita di scambiare l’attore per il personaggio così sono ancora inviso a molti… Il film però negli ultimi 10 anni è diventato un cult, specie dopo la censura su Sky, e mi ha fatto conoscere.

Recenti film italiani che ti sono piaciuti?

Un film che ho trovato sorprendente è Alaska di Claudio Cupellini, regista con cui lavorerei molto volentieri; poi Indivisibili di Edoardo De Angelis, per me un capolavoro che avrò visto 4 o 5 volte. De Angelis è un regista con un immaginario molto personale e sa arrivare al cuore e allo stomaco dello spettatore.

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