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Da viale Brin a piazza San Pietro, il Papa “operaio” e il legame d’acciaio con la città di Terni

Cento anni fa nasceva Karol Wojtyla. A marzo del 1981 visitò le Acciaierie, prima della grande messa di fronte a 40mila fedeli allo stadio Libero Liberati

“È stato il mio primo contatto con il mondo del lavoro in Italia”. Così Giovanni Paolo II ricordava la sua storica visita a Terni del 19 marzo 1981.

Il capo della Chiesa scelse significativamente la festa di san Giuseppe lavoratore per un viaggio destinato a restare nella storia, e non solo della città (che non vedeva la presenza di un papa dal 1857). La visita di Wojtyla alle acciaierie di Terni riempì le pagine dei giornali italiani ed ebbe eco in tutto il mondo: era la seconda volta che un papa entrava in fabbrica (il primo era stato Paolo VI all’Italsider di Taranto) e il primo approccio con il mondo del lavoro di un pontefice che era stato egli stesso operaio, in gioventù, nelle fabbriche polacche della Solvay.

La visita fu annunciata alla diocesi dal vescovo Santo Quadri (che Wojytla conosceva bene sin dai tempi del Concilio) il 23 gennaio 1981. “Il Papa - commentò Quadri dopo la visita - ha dissipato ogni pregiudizio e ha permesso di vedere l’uomo con gli uomini e il Papa per gli uomini”.

Quello delle acciaierie di Terni fu in effetti forse il primo muro abbattuto dal Papa nel corso del suo lungo pontificato. Un muro di diffidenza che separava allora il mondo operaio dalla gerarchia cattolica, che aveva fondamenta lontane ma che si era indubbiamente rinforzato con la guerra fredda. In effetti, gran parte dei lavoratori delle acciaierie avevano reagito con freddezza all’annuncio della storica visita. “Il Papa non risolverà i nostri problemi - commentavano – sono altre persone che devono occuparsi di siderurgia”.

Ci fu anche chi ritenne inopportuno spendere tanti soldi per lustrare la fabbrica con problemi come la cassa integrazione per molti dipendenti e gli stipendi in forse. E ad accoglierlo, quel 19 marzo di ventinove anni fa, il Papa trovò anche gli striscioni di protesta per la situazione delle acciaierie, che gli operai rifiutarono di togliere per la visita. Eppure, alla fine, il papa anticomunista riuscì a conquistare i cuori della città rossa.

OPERAIO_DI_PACE-2Prima tappa del soggiorno ternano di Giovanni Paolo II, alle 9 di mattina, furono quindi le acciaierie: il Pontefice visitò gli stabilimenti accolto dal sindaco Porrazzini, il ministro del Commercio estero Enrico Manca e il presidente delle acciaierie Romolo Arena. Alla “Terni” il Papa si confrontò con il consiglio di fabbrica, pranzò con i lavoratori nella mensa aziendale stravolgendo il programma proposto dal Vaticano, che lo avrebbe voluto con i sacerdoti, e poi incontrò 9mila lavoratori delle acciaierie.

“Gli operai - ebbe a ricordare Giacomo Porrazzini - in lotta proprio in quei giorni per difendere la fabbrica e il posto di lavoro, hanno certamente parlato al Papa dei loro problemi, delle loro ansie, ma non anteponendole ad un orizzonte più vasto, dove si collocava il valore dell’uomo e, con la sua universalità, la sua stessa carica liberatrice”.

E il Papa non deluse le aspettative: sottolineò come lo stesso Gesù, per gran parte della vita, fece l’operaio nella bottega del padre e solidarizzò con i lavoratori, dichiarando di condividere la loro lotta. “Quando il lavoro aliena l’uomo senza farlo crescere - disse - è un lavoro contro l’uomo, il quale ne viene reso schiavo”. “Concordo pure nel dire - aggiunse - che non è più accettabile che, mentre milioni di creature muoiono di fame, si riempiano gli arsenali militari di terribili armamenti nucleari, portatori di distruzione e di morte, e che l’egoismo di un terzo della popolazione mondiale sperperi i due terzi delle risorse disponibili”.

A un operaio che, provocatoriamente, gli aveva chiesto, “se non fosse diventato prete e Papa, avrebbe fatto il sindacalista?” lui rispose che “aiutare gli altri a realizzare legittimi diritti è anche questa una vocazione” e citò Lech Walensa, fondatore di Solidarnosc, il sindacato polacco la cui azione avrebbe rappresentato la prima picconata all’impero comunista.

Fu così che i discorsi ufficiali lasciarono spazio ad un vero e proprio dibattito sindacale; poi, dopo il pranzo in mensa, il ghiaccio si sciolse completamente con una battuta scherzosa del pontefice: “Abbiamo lavorato bene oggi?  - disse Wojtyla agli operai - Perché se abbiamo lavorato bene allora abbiamo meritato il salario. A chi devo presentarmi per prendere il mio, alla direzione di fabbrica o al vescovo?”.

Nel pomeriggio, lasciata la fabbrica, ci fu l’abbraccio con la città: prima in Cattedrale, con il preti, i religiosi e i malati, e infine la grande messa celebrata allo stadio Liberati di fronte a 40mila persone, al termine della quale Wojtyla ripartì in elicottero, sorvolando l’ospedale e la cascata delle Marmore illuminata.

Il rapporto del papa polacco con i ternani non si conclude, però, quel giorno di marzo. Anche se non ci è più tornato, Giovanni Paolo II non ha mai dimenticato la città operaia, e ha incontrato molte volte i vescovi di Terni e le delegazioni di pellegrini: il 18 ottobre del 2000, per il Giubileo, sono in 10mila ad arrivare a San Pietro; tre anni dopo altri ottomila vengono ricevuti in udienza dal Papa in occasione dei venticinque anni di pontificato. In quell’occasione il Papa benedice anche la prima pietra della nuova chiesa di Campomicciolo.

Ma il secondo, grande abbraccio del papa operaio con la città operaia è quello dell’8 febbraio 2004, quando diciassette lavoratori delle acciaierie si recano a piedi a Roma per chiedere al Pontefice il suo appoggio nella lotta per scongiurare la chiusura del reparto Magnetico. E in piazza san Pietro, per l’Angelus domenicale, sono raggiunti da altri 35 operai, tutti con indosso il casco blu da lavoro.

Il Papa, ancora una volta, non li delude: li saluta e appoggia la loro lotta, dando un contributo fondamentale per la - sia pure temporanea - risoluzione della questione, che si ripresenterà poi ad un anno di distanza.

Ed è in quell’occasione che don Fernando Benigni, che nel 1981 era cappellano di fabbrica, porta a Giovanni Paolo II il caschetto bianco che il Papa aveva indossato in occasione della visita alle acciaierie.

Il 6 febbraio 2005 l’epilogo di un lungo rapporto d’affetto, quando il vescovo Vincenzo Paglia visita il Papa agonizzante al Gemelli, tra i pochissimi ad avere accesso alla sua camera.

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