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Coronavirus, contagi sui posti di lavoro: a Terni "solo" il 29 per cento di casi in tutta la regione

Lo studio è stato pubblicato dall'Inail e commentato dai legali di Rodl & Partner. Nel perugino la situazione è delicata e le norme sono lacunose

Secondo il recente rapporto Inail appena presentato e divulgato dall'agenzia Purple & Noise PR, i contagi da coronavirus sul luogo di lavoro a livello nazionale hanno ormai superato la soglia dei 131.000 casi.

In questo scenario l’Umbria annovera con 752 casi sul totale nazionale, di questi 477 sono donne (63,4%), mentre 275 (36,6%) sono uomini. Perugia è la provincia più colpita con il 71 % dei casi della Regione. La provincia di Terni, invece, conta 212 casi in totale dei quali 138 sono donne e 74 uomini.

Scheda regionale infortuni Covid-19 - Umbria-2Il report

Una lettura del report, e del suo trend crescente, la forniscono gli esperti legali che osservano come nel rapporto azienda e lavoratore in materia di Covid vi sia un aspetto di criticità nel rapporto con le ATS, Agenzia di Tutela della Salute: “L’impasse – spiega l’avv. Irene Pudda di Rödl & Partner, esperta in privacy & labour compliance – è dovuta al fatto che il datore di lavoro non è autorizzato a comunicare ai colleghi il nominativo di un dipendente risultato positivo. L’azienda è tenuta a fornire all’ATS le informazioni necessarie perché quest’ultima possa assolvere ai compiti previsti dalla normativa emergenziale e, contemporaneamente, ha facoltà di domandare ai possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente i locali aziendali, ma è l’ATS che ha la potestà di contattare i lavoratori per poi applicare le opportune misure di quarantena.”

Il rischio, così facendo, è che le aziende lascino operativi interi reparti o uffici con il pericolo di diffusione del virus, non solo tra i dipendenti che sono stati a contatto diretto con il soggetto contagiato, ma anche tra i loro famigliari e i conoscenti.

“Tuttavia non si può fare diversamente – chiarisce l’avv. Pudda di Rödl & Partner – La procedura è volta a tutelare la privacy del lavoratore risultato positivo al coronavirus. Certo, come è facile immaginare, procedere alla disinfezione della postazione di lavoro, delle attrezzature utilizzate e degli spazi comuni frequentati dal dipendente, domandare ai possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente i locali aziendali, nonché isolare o chiudere gli uffici in cui il dipendente ha lavorato garantendone allo stesso tempo la totale riservatezza è di difficile applicazione.”

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