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Martedì, 30 Aprile 2024
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Autismo, un’estate da soli per centotrenta famiglie di Terni: “Non c’è un servizio pubblico”

La Asl “sospende” le attività di assistenza per i minori fino a settembre, la denuncia: “Tolte le associazioni, nessuno si occupa del problema. Assurdo che accada questo, soprattutto in una città capoluogo di provincia”

“Tolte le associazioni, nessuno si occupa del problema. Non c’è un servizio pubblico ed è assurdo che questo accada in una città come Terni, capoluogo di provincia”.

È un’estate da soli quella che sta arrivando per centotrenta famiglie ternane alle prese con il problema dell’autismo. Tanti sono i minori che in città soffrono di un disturbo dello spettro autistico, con numeri che sono tra l’altro in costante aumento. “Un fenomeno che andrebbe tra l’altro indagato”, dice il padre di uno di questi bambini (di cui per scelta redazionale non riveliamo il nome, ndr) alle prese con l’organizzazione delle giornate del figlio a fronte del fatto che la Asl “sospende il servizio di assistenza” da giugno a settembre. “Se non ci fossero i campus estivi organizzati da un paio di cooperative, la gestione dei ragazzi sarebbe completamente sulle spalle delle famiglie”. E non tutte, per evidenti ragioni – dal lavoro alla necessità di assistenza che in alcuni casi deve essere particolare – ce la possono fare. Anche da un punto di vista economico, visto che il supporto di una figura tecnica che si prenda cura del minore ha un costo che oscilla fra i 20 e i 25 euro l’ora. Il rischio è dunque quello di lavorare per pagarsi la baby sitter.

Una “realtà precaria”, insomma, che fa il paio con quello che avviene durante il resto dell’anno. “Quella di Terni è una struttura insufficiente e inadeguata. Che si dice sconti i soliti problemi legati a mancanza di personale e scarsità di fondi a disposizione. Fatto sta, che il servizio di logopedia è congestionato dalle lunghissime liste d’attesa e che le quattro ore di assistenza al mese garantite dal servizio di neuropsichiatria infantile della Asl non sono possono bastare”.

La protesta, la denuncia delle famiglie non vuole però fermarsi alla semplice critica ma trasformarsi in una proposta che parta dall’assunto della necessità di una “risposta scientifica precisa” che però, al momento, non c’è. Tanto è vero che alla diagnosi non segue una terapia “appropriata”, perché “le condizioni del servizio non permetterebbero poi di garantirla”.

Le opportunità offerte dal Pnrr avrebbero potuto aprire qualche spiraglio, ma sembra che questo settore sia rimasto fuori dai progetti, mentre si fa sempre più impellente la necessità di una “struttura stabile” che si occupi di autismo. E che se ne occupi pensando non solo al presente, ma anche al futuro. Un “dopo di noi” che non lasci sole le persone nel momento in cui verranno a mancare i punti di riferimento famigliare. Anche se, riuscire a garantire un servizio adeguato oggi, sarebbe già un passo importante.

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