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“Pasticciaccio” Latini, storia di un “suicidio” politico: così il centrodestra ha perso Terni

Dalla disponibilità alla ricandidatura al gran rifiuto per il sindaco uscente: cronologia (e retroscena) del mancato accordo

Com’è cominciata, lo sanno più o meno tutti. Com’è andata a finire, è storia di queste ore. Ma in mezzo, cosa è successo? Perché oggi, col senno di poi, non ci sono soltanto gli applausi che hanno sottolineato il passaggio di consegne tra Leonardo Latini e Stefano Bandecchi a Palazzo Spada nel giorno della proclamazione del nuovo sindaco di Terni (“...ho trovato ciò che a lui era stato fatto disgustoso – ha detto il neo primo cittadino rivolto al suo predecessore - Io continuerà a chiamarlo sindaco. Ha guidato questa città al meglio che poteva, combattendo con tante inimicizie che poi si sono state trasformate nella non ricandidatura che è un dispiacere per questa città”). No, ci sono anche prese di posizione (“...togliere Latini - ha ad esempio dichiarato Stefano Pastorelli, capogruppo della Lega in consiglio regionale - ha fatto spostare l’asse verso Bandecchi. La sconfitta a Terni è stata per il centrodestra una lezione di vita politica”) ripensamenti, post social più o meno diretti, immagini del profilo che cambiano quasi a voler rimarcare i bei tempi andati.

Certo, se bastasse il senno del poi, il registro degli errori non esisterebbe. Forse vale la pena però riannodare i fili, per quanto possibile, e cercare di capire davvero quali ostacoli si sono frapposti tra la prima amministrazione Latini e il mancato bis.

Latini viene eletto sindaco a giugno del 2018: chiude il primo turno con 25.531 voti (49,23%) davanti a Thomas De Luca (12.986 voti pari al 25,04%) e poi conquista il ballottaggio raccogliendo circa 600 preferenze in più (26.185 voti pari al 63,42%) a capo di una coalizione in cui il treno è rappresentato dalla Lega che veleggia attorno al 30% dei consensi. In cordata ci sono Forza Italia (9%), Fratelli d'Italia (6%), Terni civica (2,5%) e Popolo della famiglia (1,5%). Il successo è schiacciante, anche sull'onda del dissesto finanziario che ha travolto Palazzo Spada e la classe dirigente che, fino a quel momento, ha tenuto in mano le redini della città.

Il trend politico sembra confermarsi con il successo del centrodestra in Regione e il carroccio che ancora “tira” la coalizione. Poi a Terni, in Italia e nel mondo arriva la bufera Covid. La pandemia segna due anni di storia e, quando l’emergenza sembra essere ormai quasi conclusa, scoppia la guerra in Ucraina.

Latini dunque amministra Terni fra questioni interne - il dissesto, appunto - e urgenze di natura internazionale. A febbraio 2022, in una trasmissione televisiva, si dice “disponibile” alla ricandidatura. E i fatti dovrebbero confermare questa sua apertura. Apertamente, nessuno fino a quel momento lo ha mai contestato né sul suo curriculum compaiono inchieste giudiziarie, arresti ed eclatanti flop. Prova ne è ad esempio un sondaggio realizzato da Winpool a fine marzo 2023 e commissionato da Thomas De Luca del Movimento 5 Stelle, quando dunque lo psicodramma nel centrodestra si doveva ancora compiere o – almeno – concretizzare, in base al quale il 38% degli intervistati avrebbe votato ancora Latini alle comunali. Per dire, quello che è poi è diventato il suo “sostituto”, ossia Orlando Masselli, aveva ottenuto l’11% dei consensi, il dato più tra i competitor fatta eccezione per Paolo Cianfoni.

Comunque, Latini si dice disponibile: l’accoglienza è tiepidina, ma nessuno continua a dire nulla. Almeno pubblicamente. Si scoprirà infatti più avanti che di “brace sotto la cenere ne covava molta”. Peccato che nessuno nel frattempo abbia soffiato sulla cenere e tirato a galla i problemi.

Problemi che però esplodono nel momento in cui il voto si avvicina e il centrodestra deve trovare il suo alfiere. Ora, la narrazione a questo punto si ferma davanti ad un bivio. C’è chi dice che in realtà la Lega – che ancora, per inciso e fatta eccezione per Pastorelli, non ha commentato l’esito elettorale di Terni – non abbia sostenuto il suo candidato naturale, presentando al tavolo delle alleanze nomi diversi da quello di Latini (come qualche “civico” o l’ex senatrice Valeria Alessandrini) procedendo fra fughe in avanti e marce indietro e mettendo così in confusione gli alleati.

In questi giorni abbiamo potuto accedere ad alcune chat intercorse fra esponenti della Lega relative proprio ai momenti più concitati del “pasticciaccio” Latini. È inizio marzo, uno degli esponenti del carroccio comunica con un interlocutore spiegando che stanno “aspettando da Roma” il via libera o meno a Latini. Ventiquattro ore dopo, è il 4 marzo, quello stesso esponente spiega al suo interlocutore che “Fratelli d’Italia continua a dire che il candidato dovrebbe essere uno di loro” e che “Forza Italia non aiuta”.

Il balletto è iniziato. A suonare le danze sembra siano i meloniani che hanno messo sul tavolo i risultati ottenuti a settembre 2022 alle Politiche. L’idea è insomma che il vento nella coalizione sia cambiato e che dunque c’è da “forzare” qualche crepa che sembra si sia aperta soprattutto dentro la Lega. Passano i giorni, le settimane.

“Si sta per spaccare. Fd’I presenta il proprio candidato tra poco”, scrive un altro esponente della Lega. È il 30 marzo e nel centrodestra sembra si stia per consumare uno strappo con Masselli candidato sindaco. “La Lega non lo appoggia, probabilmente andremo separati”. E infatti, per quarantotto ore o poco più, Latini torna in pista come candidato sindaco del carroccio mentre quelli che sembrano gli ormai ex alleati convergono sull’assessore al bilancio.

Ancora fuga in avanti e retromarcia: il carroccio ci ripensa e sceglie Masselli, “scaricando” ancora Latini.

Arrivano le liste e poi inizia la campagna elettorale, fino alle urne. L’esito è cronaca delle ultime ore. Secondo l’analisi dei flussi elettorali relativa al ballottaggio realizzata da Bruno Bracalente e Antonio Forcina (già docenti del dipartimento di economia dell’Università di Perugia) e da Nicola Falocci dell’assemblea legislativa umbra, quasi l’11% degli elettori di Fratelli d’Italia ha scelto Stefano Bandecchi. Stessa cosa ha fatto il 14% di quelli della Lega, che è entrata cinque anni fa a Palazzo Spada con un sindaco, la maggioranza di giunta e consiglio comunale e ne esce oggi con “zeru tituli”. E così il centrodestra ha perso Terni.

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